IL CASO DEI MARMI DI ELGIN

di Teresa Castaldelli, 3BCL

La lotta tra la Grecia e l’Inghilterra per il possesso dei marmi del Partenone.

Nel 1801 Lord Elgin, un diplomatico britannico, ottenne un permesso da parte del sultano ottomano per entrare nell’Acropoli e nel Partenone di Atene. In quel periodo il Partenone si trovava in pessime condizioni conservative: era stato usato come chiesa cristiana, cattedrale di culto latino e come moschea. Molte statue erano state scalpellate perché raffiguranti divinità pagane e, sulle pareti, erano state dipinte icone e immagini cristiane. Lord Elgin nel 1807 portò a Londra i marmi greci e, dopo averli tenuti per un pò di tempo nella sua abitazione, li vendette al British Museum.

Il gesto di Elgin, da molti, fu visto positivamente: stava salvando opere d’arte. Il suo gesto, però, non fu fatto solo per motivi culturali e artistici ma anche per motivi politici ed economici. Napoleone, infatti, proprio in quel periodo, aveva iniziato ad aggiungere nuove opere alle collezioni del Louvre e l’Inghilterra non voleva essere da meno. Inoltre Elgin voleva guadagnare dalla vendita delle opere, cosa che infatti così fece: nel 1816 i marmi furono acquistati dal British Museum.

Conquistata la sua libertà dall’Impero ottomano nel 1830, la Grecia richiese indietro le opere, ma l’Inghilterra si rifiutò di restituirle perché la Grecia non aveva un museo “adatto” a contenerle. Per questo motivo fu costruito il Museo dell’Acropoli. Ma l’Inghilterra negò ancora la restituzione affermando che Elgin aveva acquistato le opere con un contratto legale. In realtà, si crede che il sultano ottomano avesse concesso solamente di operare calchi e scavi. Il contratto originale, però, andò perduto e,  ancora oggi, non si sa come andarono davvero le cose. 

Attualmente. la Grecia tenta, con petizioni ed iniziative pubbliche, di ottenere il rimpatrio dei marmi ma l’Inghilterra continua a rifiutarsi (“fanno parte di un patrimonio culturale comune a tutti” replica il governo inglese).  Molti sono quelli che si sono schierati dalla parte della Grecia come Divid Hill, presidente della ‘International Association for the Reunification of the Parthenon Sculptures’, secondo il quale “il ritorno dei marmi rafforzerà l’alleanza tra l’Inghilterra e la Grecia. Queste opere uniche brillano solo se esposte alla luce attica. La riunificazione delle sculture di Atene è un imperativo artistico, culturale e morale”. Il professore Dimitris Gonis de La Trobe University (Melbourne) scrive che “il Partenone è per la Grecia quello che le Piramidi sono per l’Egitto, il Colosseo per Roma, Stonehenge per l’Inghilterra e Uluru per gli aborigeni australiani. Tutti sanno a chi appartengono i marmi”.

I marmi appartengano alla Grecia e là dovrebbero tornare. Nonostante si trovino in un paese straniero risulta evidente  quale sia la loro origine. Benché il governo inglese affermi che le opere d’arte siano comuni a tutti, ogni opera ha una sua patria e dovrebbe stare lì, nel suo contesto originario, dove viene massimamente valorizzata.  

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA: