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La scienza è umana: società, economia e politica del progresso scientifico

Di Jacopo Barberi 

Se si fosse chiesto a un uomo del 1600 se riponesse o meno la sua fiducia nella novella idea di scienza,
quell’uomo avrebbe risposto con un secco e sbalordito no.
E questo, si potrebbe dire, perché il contesto storico in cui è inserito non è ancora un maturo per un
atteggiamento di questo tipo: più adatto a un individuo comune dei nostri tempi o alla personalità di uno
scienziato, forse contemporaneo a quell’uomo, quale Galileo Galilei. Tuttavia i vantaggi dell’affidarsi alla
scienza vengono a stento compresi ancora oggi, e ciò viene testimoniato dalle improvvise ondate di
ignoranza collettiva (spesso amplificate dall’uso dei social networks) che sfociano in manifestazioni
antiscientifiche e illogiche, ancora più dannose in questo periodo di pandemia. Se, tuttavia, la scienza non
disponesse del suo carattere libero, certamente eventi simili non si sarebbero mai verificati, data la
regolamentazione da parte dello stato della sua divulgazione. D’altra parte però la storia ci ha insegnato
che la rapidità e l’efficienza di un progetto politico-scientifico spesso non coincidono con l’interesse
comune, come nel caso dello sviluppo della bomba atomica, o della scienza usata come mezzo economico
senza scrupoli. E, prospettiva che sembra chiudere ogni soluzione al problema, una ponderata via di
mezzo fra le due idee può spesso generare inconvenienti, quali gli screzi fra l’Unione Europea e l’azienda
farmaceutica AstraZeneca.
Eppure un ambito che attutirebbe gli aspetti negativi di un sano compromesso esiste eccome, e
rappresenta una possibilità ancora troppo trascurata dalla politica e dall’attenzione generale.
L’educazione, infatti, potrebbe essere indirizzata non solo a un approccio consapevole alla scienza, ma
anche più in generale a una corretta informazione, a una razionale comprensione dell’oggettività di certi
fatti, e, di conseguenza, a una condivisione sana e propositiva della verità.
Solo in questo modo l’azienda conterrà l’interesse sfrenato della classe politica, che a sua volta
regolamenterà quello della classe privata, e, in generale, ognuno agirà per il bene comune.
Così il divario fra l’uomo del 2021 e del 1600 sarà finalmente ben definito, nell’insegna di umiltà e onestà:
due valori che non hanno tempo.