Emigrazione italiana nel ‘900

Tra il 1876 e il 1914, 14 milioni di Italiani emigrarono. Il fenomeno riprese dopo la Prima Guerra Mondiale fino al 1970, in cui migrarono 26 milioni di persone.

Gli Italiani del nord andavano soprattutto in Svizzera, Francia, Belgio e Olanda come lavoratori estivi, tornando nelle loro case d’inverno o dopo qualche anno, tanto che il 43% tornò stabilmente in patria.

Gli Italiani del sud, invece, emigravano soprattutto verso gli Stati Uniti, l’America meridionale e l’Australia dove vi rimasero formando una famiglia.

Era, inoltre, particolarmente attraente per i contadini italiani l’Argentina perché vi si concedevano al colono un’abitazione, animali da lavoro e da razza, utensili e sementi fino al primo raccolto e per dieci anni l’esonero da ogni imposta.

La causa di questa enorme emigrazione, secondo gli storici, fu l’enorme e velocissimo sviluppo di alcune nazioni, fra cui Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Francia e Australia, che per soddisfare il bisogno di operai e di braccianti “chiamarono” gli europei poveri, fungendo da vere e proprie calamite.

Il Brasile e l’Argentina invece avevano bisogno di contadini per le loro aziende agricole, perché era stata da poco abolita la schiavitù, nel 1885.

In Italia a questo fenomeno si aggiunse lo sviluppo della flotta mercantile delle traversate oceaniche. Migliaia di mediatori si misero dunque a percorrere le campagne promettendo lavoro e offrendo biglietti per il viaggio.

Gli Italiani furono, fra tutti gli stranieri, quelli su cui si accanì di più il razzismo dei paesi ospiti. In Francia li chiamano “rospi”, in Germania “fabbrica-gatti” e negli Stati Uniti “negri”. Gli Italiani in effetti, tra gli stranieri, erano i meno alfabetizzati, non conoscevano la lingua dei luoghi d’arrivo e facevano difficoltà ad impararla, inoltre, nessuno di loro era un lavoratore specializzato, infatti quasi tutti facevano lavori umili, pesanti e disprezzati. Comunque, essendo le paghe estere molto superiori a quelle italiane il lavoro più umile sembrava un mestiere da signori.

Solo alcuni riuscivano ad arrivare in alto, specialmente nel settore alimentare.

L’emigrazione anche se è stata considerata dagli uomini politici italiani una vergogna fu molto vantaggiosa, in particolare per due motivi:

  • per le rimesse, cioè il trasferimento di denaro degli emigrati alle famiglie, che così riuscivano a estinguere i debiti, a comprarsi un terreno, a edificarvi una casa confortevole con strutture moderne ed alimentarsi in modo più ricco e sano. Inoltre, questo denaro circolò nella nazione formando dei consumatori per un mercato interno che facilitò lo sviluppo dell’industria e del commercio.

  • per alfabetizzazione, infatti le famiglie dovevano comunicare con lettere con gli emigranti e perciò dovevano saper leggere e scrivere. Inoltre, dal 1910, per essere accolti negli Stati Uniti si doveva saper leggere e scrivere.

Gli anni sono passati, sono passati i secoli, ma il fenomeno della migrazione non si è mai fermato, ha solo cambiato le sue direzioni. Infatti i paesi europei hanno raggiunto una situazione di generale benessere diventando la terra delle speranze e dei sogni per una vita migliore, e trasformandosi da paesi di emigrazione a paesi di immigrazione.

Molti europei, però, sembrano essersi dimenticati di avere alle spalle una storia da emigranti. In più l’Europa ha grandi difficoltà, anche di tipo organizzativo, a gestire questo fenomeno di oggi, che è in sempre maggiore aumento.

Adele Avagnina 3E