Il femminicidio di Sarah Everard
Sarah Everard, 33 anni, è stata trovata morta in un bosco del Kent lo scorso 4 marzo.
La sera prima la donna era andata a trovare degli amici, che vivevano in una delle zone più illuminate e popolate di Londra. Nel tornare alla sua abitazione Sarah stette al telefono per circa 15 minuti col suo fidanzato, percorrendo a piedi il parco Chaplam Common, che, nonostante allungasse il tragitto verso casa, era meno isolato. La donna è stata vista per l’ultima volta da una telecamera di sorveglianza.
Il giorno successivo il fidanzato ha sporto denuncia e il poliziotto Wayne Couzens, la cui abitazione si trovava a 30 chilometri dal luogo del ritrovamento del corpo di Sarah, è stato arrestato, essendo già stato accusato in precedenza di atti osceni in pubblico.
Il caso del femminicidio di Sarah Everard ha fatto infiammare l’opinione pubblica, e i giorni successivi al suo ritrovamento il movimento femminista “Reclaim These Streets” ha organizzato una veglia al parco Chaplan Common per commemorare la vittima. Il presidio è stato successivamente interrotto violentemente dalla polizia, perchè non organizzato in maniera adeguata e conforme alla legge.
Molte giornaliste e femministe si sono occupate dei legami fra il caso Everard e il caso Sutcliffe, killer britannico degli anni 70, conosciuto anche con l’appellativo “The ripper”. Nel caso dell’assassino, l’attenzione mediatica si è concentrata particolarmente sulla modalità in cui le indagini sono state condotte, in quanto la polizia, come l’opinione pubblica, sembrava focalizzarsi sul colpevolizzare le vittime, per lo più prostitute, piuttosto che il carnefice.
A seguito di un altro femminicidio, che coinvolse una studentessa, la polizia ha istituito una sorta di coprifuoco per le donne, a cui era consigliato di non uscire dopo le 9.30, per evitare qualsiasi pericolo, e di farsi scortare da un uomo fidato.
All’epoca, molte donne che già prendevano precauzioni nell’uscire di casa, si sentirono colpevolizzate, e protestarono sul perché fossero le donne a dovere stare a casa, se gli assassini erano gli uomini.
Le stesse perplessità sono riconducibili alle proteste a seguito dell’uccisione di Sarah Everard.
Secondo i manifestanti, l’attenzione del sistema è rivolta sull’evitare che le donne compiano qualche imprudenza, come girare da sole di sera, o vestirsi in modo troppo provocante, piuttosto che sul reale problema, gli assassini stessi.
Ciò che maggiormente, infine, ha suscitato indignazione nell’opinione pubblica, è che il colpevole dell’omicidio di Sarah Everard è un poliziotto, un uomo che appartiene a un sistema che dovrebbe proteggere la comunità, e non metterla in pericolo.
Secondo un sondaggio commissionato per UN women UK, circa il 97% delle donne tra i 18 e i 24 anni ha subito molestie sessuali, che comprendono lo stupro, l’aggressione fisica, la molestia verbale a sfondo sessuale e la condivisione di foto intime senza consenso. La ricerca riporta che la maggior parte delle donne non si sente protetta dal sistema nell’ambito delle aggressioni, e che la sfiducia nei confronti della polizia è uno dei motivi per cui sono spinte a non sporgere denuncia.
Il caso di Sarah Everard ha gettato nel panico molti giovani donne, che si chiedono come possono sentirsi realmente al sicuro, se talvolta è chi ti dovrebbe proteggere a farti del male.
The Femicide of Sarah Everard
Sarah Everard, 33, was found dead in a Kent wood on March 4th.
The night before, the woman had gone to visit some friends, who lived in one of the brightest and most populated areas of London. Returning to her home, Sarah stayed on the phone for about 15 minutes with her boyfriend, walking through Chaplam Common, which, although it extended the way home, was less isolated. The woman was last seen by a surveillance camera.
Wayne Couzens, whose home was located 30 kilometers from the site where Sarah’s body was found, was arrested, having previously been accused of public indecency.
The case of Sarah Everard’s femicide sparked public opinion, and in the days following her discovery, the feminist movement “Reclaim These Streets” organized a vigil at Chaplan Common to commemorate the victim. The garrison was subsequently violently interrupted by the police, because it was not properly organized and in compliance with the law.
Many journalists and feminists have dealt with the links between the Everard case and the Sutcliffe case, a British killer of the 1970s, also known as “The ripper”. In the case of the murderer, media attention was particularly focused on the way in which the investigations were conducted, as the police, as public heard, seemed to focus on blaming the victims, mostly prostitutes, rather than the perpetrator.
Following another femicide, which involved a student, the police instituted a sort of curfew for women, who were advised not to go out after 9.30, to avoid any danger, and to be escorted by a trusted man.
At the time, many women who already took precautions in leaving the house felt guilty, and protested why it was women who had to stay at home, if the killers were men.
The same concerns can be traced back to the protests following the killing of Sarah Everard.
According to the protesters, the system’s focus is on preventing women from engaging in any recklessness, such as walking around alone in the evening, or dressing too provocatively, rather than the real problem, the killers themselves.
Finally, what has most stirred public outrage is that the culprit of Sarah Everard’s murder is a policeman, a man who belongs to a system that should protect the community, and not endanger it.
According to a survey commissioned for UN women UK, around 97% of women aged 18-24 have experienced sexual harassment, which includes rape, physical assault, sexual verbal harassment and sharing intimate photos without consent. . The research reports that most women do not feel protected by the system in the context of attacks, and that distrust of the police is one of the reasons why they are pressured not to file a complaint.
Sarah Everard’s case has caused many young women to panic, wondering how they can really feel safe, if sometimes it is who is supposed to protect you who is hurting you.
Pelicioni
