Cittadini di un’Europa libera dalle mafie

Classe terza media

Murales della Scuola Media Statale Paolo Sarpi di Settimo Milanese

“Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”.

Questa frase di Giovanni Falcone accompagna il murales che svetta sul muro della scuola secondaria di primo grado di Settimo Milanese, il paese dove abito. L’immagine che appare, attraverso una serie di centri concentrici che fanno pensare ad un bersaglio, è quella dei visi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Pur essendo sotto tiro, i due giudici si sorridono complici e sereni, perché nulla può fermare la loro incrollabile fede nella giustizia e nella verità: nemmeno una pistola puntata contro e pronta a sparare.

Il murales di Settimo Milanese non passa inosservato. Si affaccia su una delle strade più trafficate di Settimo e le persone che passano non possono evitare di alzare lo sguardo. Così come alzano lo sguardo e riflettono centinaia di studenti che ogni giorno entrano ed escono dalle porte di quel muro. Quel murales svolge un’importantissima funzione educativa e morale. Il fatto che sia presente sulla parete di un edificio scolastico rappresenta un chiaro messaggio, diretto ai giovani: siamo noi quegli uomini e quelle donne che devono continuare a far camminare le idee di Falcone e Borsellino e siamo noi che dobbiamo proseguire la battaglia di questi eroi del nostro tempo. Una guerra che è stata la loro, ma che è e deve diventare una lotta di tutti. Oltre i confini e oltre gli Stati. La mafia si può sconfiggere solo in questo modo. La legalità infatti necessita di uno sforzo comune e sovranazionale.

Nella società in cui viviamo, la mafia è ancora diffusa e radicata, anche se si presenta sotto forme, approcci e manifestazioni diverse. Quello che non c’era prima di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è il coraggio di alzare la testa e affrontare la mafia a viso aperto. Loro hanno dato il via alla speranza e alla fiducia in un mondo pulito, onesto e libero. Ci hanno insegnato che la mafia si combatte facendo fronte comune, restando insieme e uniti. Come comunità, come Stato ed oggi come Europa.

L’alleato più importante della mafia è l’indifferenza, il voltarsi dall’altra parte quando siamo testimoni della disonestà, il far finta di nulla davanti ad un’ingiustizia. L’omertà alimenta quella cultura mafiosa che serpeggia nella società e avvelena le istituzioni. Occorre essere trasparenti e non bisogna chiudere gli occhi: anzi, è necessario alzare la voce, denunciare e non abbandonare chi subisce un’ingiustizia. Il potere della mafia si basa sulla capacità di incutere paura e si ha paura quando si è lasciati soli. Innanzitutto dalle istituzioni, ma anche dalla comunità in cui si vive, dal vicino di casa che si volta dall’altra parte, dal compagno di classe che non prende le tue difese.

Pensiamo che la mafia sia solo quella delle bombe di Capaci e di via D’Amelio, quella della gente morta per le strade della Sicilia, quella del pagamento del pizzo. In realtà quelle sono le manifestazioni eclatanti di una cultura mafiosa che è ovunque, una cultura che divide la società in oppressori e oppressi e che si basa sulla legge del più forte. La cultura dell’illegalità deve essere combattuta partendo dalla quotidianità di noi giovani, perché le organizzazioni mafiose si diffondono dove i comportamenti illeciti vengono considerati normali. Non indossare il casco quando si va in moto, non pagare il biglietto sui mezzi pubblici, acquistare prodotti contraffatti possono sembrare trasgressioni di lieve entità, ma in realtà dimostrano una propensione alla disonestà che alimenta il pensiero mafioso.

Il silenzio e l’indifferenza isolano chi cerca di combattere le mafie. Per questo le istituzioni, di ogni ordine e grado, devono essere in prima linea in questa guerra. Devono appoggiare senza se e senza ma chi combatte la mafia in nome e per conto dello Stato, vale a dire magistrati e forze dell’ordine. Devono diffondere la cultura della legalità, promuovendo iniziative all’interno delle scuole, delle associazioni e delle comunità, soprattutto quelle più colpite dai fenomeni mafiosi. Devono contribuire a costruire un senso di comunità che si fondi sulla giustizia, sull’importanza del rispetto di diritti e doveri e sulla tutela dei cittadini onesti. È fondamentale che a livello europeo gli Stati collaborino tra loro per smantellare le reti criminali, anche attraverso la condivisione delle informazioni, e si impegnino a mettere a disposizione delle istituzioni locali quei beni confiscati alla mafia che, da luogo di reato, diventano opportunità di sviluppo sociale e legale.

Si parla tanto di cittadinanza europea. Sarebbe importante che questo concetto fosse collegato ad un senso di protezione, di appartenenza e tutela che ogni cittadino dovrebbe sentire quando pensa di essere parte di una fetta di mondo così rilevante. L’onestà è più facile a parole. Spesso, quando si è costretti ad esporsi e scegliere da che parte stare, la filosofia del quieto vivere ci porta a voler nascondere la testa sotto la sabbia. Ci vuole coraggio ad essere onesti e bisogna credere che il compiere il proprio dovere sia l’unica strada percorribile.

Martin Luther King diceva: “Non mi fanno paura le parole dei disonesti, ma il silenzio dei giusti”. Per essere dei giusti non basta evitare di fare del male. Occorre anche denunciare chi lo fa, diventando portatori di quelle idee che Falcone invitava a passarci di mano in mano, creando una rete di legalità dalle maglie fittissime. Talmente fitte da impedire qualunque tipo di infiltrazione mafiosa.