Van Gogh e il Giapponismo

Tecnologia, arte, cibo, paesaggi mozzafiato, vengono in mente tutte queste cose  quando si pensa al Giappone. La cultura giapponese ha da sempre incantato le popolazioni europee. Questa cultura è rimasta esclusa dal resto del mondo fino alla metà del 1800 poiché il governo non voleva contatti con l’occidente. Solo nel 1853 iniziano i primi rapporti commerciali ed economici. A partire da questo momento tutto cambia e l’esportazione e l’espansione di oggetti d’ arte giapponese iniziano a suscitare grande curiosità e fascino riguardo la storia e la cultura del paese del Sol Levante.

IL GIAPPONISMO

Il Giapponismo è l’influenza che l’arte giapponese ha sull’Occidente, in particolare sugli artisti francesi. Philippe Burty, nel 1873, conia il termine Japonisme per indicare l’attrazione e l’interesse dei pittori francesi verso l’arte nipponica.

Questa passione non avrebbe avuto luogo se le stampe giapponesi non fossero sopraggiunte in Olanda tramite la Compagnia delle Indie, e poi diffuse in tutta Europa. Queste ritraggono scene di vita quotidiana e sono impostate sulla rappresentazione bidimensionale, quindi sul colore piatto e l’assenza di chiaroscuri. Interessante è l’attenzione dedicata all’elemento “acqua” e allo studio della figura femminile.

Il giapponismo prende piede tra il 1850 e il 1870 con la moda di collezionare opere d’arte, in particolar modo le stampe ukiyo-e. I collezionisti, gli scrittori e i critici d’arte europei intraprendono parecchi viaggi in Giappone, soprattutto nei due decenni successivi al 1870; vengono pubblicati diversi articoli sull’estetica nipponica, con un incremento nella distribuzione di stampe in Europa, soprattutto in Francia.

Tra gli artisti giapponesi, che hanno avuto una straordinaria influenza, possiamo citare Utamaro e Hokusai.

Molti artisti europei sono stati influenzati dall’arte orientale. Ricordiamo Monet, Manet, Degas, Renoir, Pisarro, Klimt, ma l’artista che per antonomasia colleghiamo a questa corrente è sicuramente Vincent Van Gogh.

VAN GOGH E IL GIAPPONE

Vincent Van Gogh è uno dei pittori più famosi al mondo, ma la sua vita è stata infelice e travagliata. Nasce il 30 marzo del 1853 in un villaggio olandese da una famiglia benestante. Dopo aver fatto il mercante d’arte tra l’Aia, Londra e Parigi, lascia una promettente carriera per una delusione sentimentale. Viaggia, insegna, fa il commesso e ha una crisi mistica che lo porta a desiderare la vita religiosa, fino a che, a 27 anni, decide che la sua missione nella vita è diventare artista. Le sue prime opere raffigurano un’Olanda povera e triste.

Grazie all’aiuto del fratello minore Thèo, suo instancabile ammiratore, Vincent gode di una minima libertà economica e sceglie la Francia come paese in cui vivere. Thèo diventa mercante d’arte a Parigi e vi invita l’irrequieto fratello, che non tornerà più in patria.

IL CAMBIAMENTO

Trasferitosi a Parigi nel 1886, la sua vita si trasforma. Incontra l’arte luminosa degli impressionisti e dei loro successori. Frequenta Gauguin e altri artisti del vivace mondo parigino. Trova nuovi colori da aggiungere ai suoi quadri e soggetti più mondani da ritrarre. Scopre le delicate stampe che vengono dal Giappone. Queste ultime sono raffinate incisioni di soggetti quotidiani molto di moda nell’ Europa dell’epoca.

“Il mio studio è abbastanza sopportabile, soprattutto dopo che ho fissato alle pareti una collezione di incisioni giapponesi che mi piacciono molto”, così scrive al fratello. Trova, infatti, divertenti le “piccole figure femminili nei giardini o sul bagnasciuga, i fiori, i rami spinosi e contorti”. Affascinato dal mondo giapponese, riversa nelle sue opere il vasto repertorio iconografico che ha a disposizione.

L’AMICIZIA CON TANGUY

Il suo carattere tormentato e l’aspetto trascurato gli impediscono di stringere normali relazioni sociali. Si affeziona, però, al vecchio fornitore di colori, il signor Tanguy. Julien François Tanguy ha un ruolo fondamentale nella vita di molti pittori, infatti nel suo negozio, al 14 di rue Clauzel di Parigi, vende i colori agli artisti e spesso li invita a pranzo. Sovente fa degli scambi: tele e colori per i quadri dei suoi protetti, che in altro modo non potrebbero lavorare.

IL RITRATTO

Nel “Ritratto di Père Tanguy “, Vincent ritrae l’uomo nel suo negozio davanti a una raccolta di stampe giapponesi che l’artista colleziona nel tempo. L’uomo è reso come una sagoma che si staglia davanti al fondale. E’ raffigurato seduto, braccia incrociate sul ventre e ha un cappello ed una giacca a doppio petto. Il suo sguardo un po’ smarrito denuncia la sua bontà d’animo e l’affetto che nutre per Vincent.

Lo sfondo presenta fiori presi da un’opera di Utagawa Hiroshige: “Il Ciliegio di Yoshitsune vicino al Santuario di Noriyori”. Osserviamo un attore calato in una parte femminile, preso da un’opera di Utagawa Kunisada: “La Cortigiana Takao della Casa Miuraya”. Troviamo un paesaggio invernale preso da un’opera di Hiroshige, una delle 36 vedute del monte Fuji di Hokusai e un paesaggio floreale tratto da un’opera di Hiroshige: “Campanelle dei Giardini a Iriya”. Dipinge anche una cortigiana, opera riprodotta dalla copertina di una rivista: “Paris Illustré”, che viene utilizzata anche per realizzare la “Giapponeseria: Oiran”.

Van Gogh usa già la sua tipica pennellata pastosa stesa a piccoli tratti, caricando il timbro dei colori per dare loro maggiore forza. 

L’AMORE PER IL GIAPPONE

Un altro dipinto che evidenzia l’amore di Van Gogh per questa cultura, è la “Giapponeseria: Oiran“, ispirato alla copertina della rivista “Paris Illustré” giunta nelle mani dell’artista.

Raffigura una donna in kimono che si staglia su un fondo giallo brillante, a sua volta sorretto da una rana ripresa dalle Nuove stampe di rettili e insetti di Yoshimaru. La figura è incorniciata da un canneto a destra e da un laghetto con ninfee a sinistra tipici soggetti dell’arte orientale.

Preso in prestito da Hiroshige è invece “Il ponte sotto la pioggia“, una stampa su carta raffigurante un ponticello che attraversa un fiume. Nella versione originale, l’acqua è resa con campiture piatte di colore che, solo in basso, si fanno più scure, a suggerire l’ombra che si addensa sotto la costruzione in legno. La fitta pioggia è resa da linee verticali che sembrano quasi tormentare le figurette che attraversano il ponte. Van Gogh, pur restando in linea generale fedele al modello, apporta alcune sostanziali modifiche che ci permettono di cogliere la sua personale interpretazione. Le pennellate rendono la scena più vibrante, trasformando le placide acque dell’originale in un fiume che scorre impetuoso.

ARLES

Nel 1888, Vincent parte alla volta di Arles: “L’emozione che è nata in me durante il viaggio da Parigi ad Arles è ancora viva nella mia memoria. Guardavo il paesaggio, per vedere se fosse già il Giappone!”. Insaziabile osservatore della realtà, Vincent cerca, nel mezzogiorno della Francia, un angolo di Giappone. Lo trova nei vivaci abitanti di quella terra, nei campi arsi dal sole, nella luminosità dei paesaggi e negli alberi in fiore.

Ci domandiamo, visto l’ammirazione che proviamo per quest’uomo se, in qualsiasi luogo si trovi, abbia finalmente potuto “respirare” quel profumo d’oriente che l’aveva tanto inebriato in vita.

di Luca Marino e Cesare Puccioni