Marcel Marceau: un mito, un eroe

Ci stiamo avvicinando ad una delle ricorrenze più sentite a livello internazionale: il Giorno della Memoria. L’evento, istituito in Italia a partire dal 2000 ed in tutto il mondo a partire dal 2005, non ha soltanto il fine di ricordare la Shoah, cioè lo sterminio del popolo ebraico, ma anche quello di onorare quanti hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista.  La data del 27 gennaio, non è casuale: la ricorrenza è stata fissata proprio nel giorno in cui i cancelli di Auschwitz vennero abbattuti dalla 60esima armata dell’esercito sovietico, nel 1945.

IL FILM

Questa ricorrenza è celebrata in ogni angolo della terra con eventi, convegni, spettacoli, opere cinematografiche. Oggi parliamo di “Resistance: la voce del silenzio”, un film del 2020 scritto e diretto da Jonathan Jakubowicz, regista venezuelano con origini polacche. Nel cast troviamo attori molto conosciuti e di alto calibro, come il protagonista Jesse Eisenberg e Clémence Poésy;  l’internazionalità dona al film una veridicità ancora più intensa. Il film è tratto da una storia vera, quella di Marcel Marceau, attore e mimo francese di origine ebraica che collaborò con la Resistenza mettendo a disposizione il suo talento e il suo autocontrollo. “L’arte del silenzio”: così Marcel Marceau definì la sua straordinaria capacità di esprimere, senza l’ausilio della parola, la poesia della vita.
Grazie ai particolari storici che emergono nelle sceneggiature, il film è in grado di proiettare il pubblico nel terrificante periodo che l’Europa attraversò durante il secondo conflitto mondiale.

L’INTENTO

L’intento principale del film risulta essere non tanto la diffusione della storia del mimo Marcel Marceau quanto la possibilità di conoscere la figura di un vero e proprio eroe della resistenza francese che fu in grado di strappare dalle mani dei nazisti centinaia di bambini orfani ebrei. L’arte è uno degli elementi chiave che accompagna durante la visione del film. Appare evidente, da parte del nazismo, la volontà di sopprimere l’arte, lo si può notare nella scena in cui l’ufficiale Barbie Klaus ( il boia di Lione, ufficiale delle Schutzstaffel, all’epoca comandante della Gestapo nel capoluogo francese) compie l’esecuzione di un gruppo di artisti di strada.  L’arte moderna era per i nazisti “un atto di violenza estetica degli ebrei contro lo spirito tedesco” e “nonostante coloro che diedero un contributo significativo al movimento modernista tedesco, fossero ebrei, Hitler (…) prese su di sé la responsabilità di decidere chi, in materia di cultura, pensava e agiva come un ebreo”, dichiara lo storico Henry Grosshans nel suo libro Hitler and the Artists.

LA VITA DI MARCEL

L’artista Marcel Marceau nacque a Strasburgo nel 1923, da una famiglia francese di origini ebraiche, con il nome di Marcel Mangel. Già da piccolo era rimasto affascinato dal mondo del cinema dai film di Charlie Chaplin e, anche se il padre lo voleva macellaio kosher, farà di tutto per coltivare la sua passione. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, falsificando i suoi documenti, Marcel adottò il cognome di Marceau. Nel 1942 Marcel si unì con il fratello e il cugino ad un gruppo della resistenza francese (non riuscendo però a salvare il padre che verrà deportato ad Auschwitz).

L’esperienza della guerra gli insegnò tratti importanti della pantomima: la vita nascosta, il silenzio forzato, la paura di tradire se stessi. Questa capacità gli tornò molto utile quando si trovò a dover tenere tranquilli tantissimi bambini, durante viaggi estremamente pericolosi per farli arrivare in Svizzera e fuggire dalla Francia e dai nazisti (che ormai volevano arrivare quanto prima alla soluzione finale, sterminando anche i bambini ebrei rimasti orfani).

La sua prima esibizione in pubblico avvenne nel 1944 davanti a tremila soldati statunitensi e nel 1947 nacque il suo personaggio più famoso, Bip, vestito con una camicia a righe e un cappello a cilindro ornato da un fiore rosso. Fino al 2001, quando gli è stata conferita la medaglia Raoul Wallenberg, Marceau non aveva mai parlato del suo passato nella Resistenza, perché: ‘’Le persone che sono tornate dai campi di concentramento non sono mai state in grado di parlarne… Mi chiamo Mangel. Sono ebreo. Forse questo, inconsciamente, ha contribuito alla mia scelta del silenzio’’.
Marcel Marceau morì nel 2007 in un piccolo comune francese. Ancora oggi viene ricordato per esser stato il più grande mimo di sempre, ma anche per aver salvato centinaia di bambini dando loro un futuro.

Maria Chiara Stefano

Cecilia Molino

Francesca Casimiro

Maria Vittoria Tinari