Gino Bartali: eroe non solo nel ciclismo

Gino Bartaliè stato uno dei ciclisti più amati d’Italia per le sue importanti imprese sportive: la vittoria di due Tour de France e le sue leggendarie scalate sulle Alpi e sui Pirenei che gli sono valsi l’appellativo di Gigante della Montagna.

L’infanzia e la carriera ciclistica

Nato a Ponte a Ema, un piccolo comune in provincia di Firenze, nel 1914 è stato inizialmente un ciclista su strada e, successivamente, dirigente sportivo. La bici, utilizzata prima per necessità, per raggiungere la scuola media a Firenze, è diventata poi una vera e propria passione.

 L’esordio come ciclista dilettante avviene con la società “Aquila divertente” e nel 1934 vince la quinta edizione della Coppa Bologna. Solo un anno più tardi, nel 1935, passa al professionismo e si iscrive alla Milano-Sanremo, nella quale arriva quarto a causa di problemi meccanici legati alla bici. Da quel momento ottiene grandi vittorie: due nel Giro d’Italia negli anni 1936/37 e una nel Tour de France nel 1938.

Gli anni della guerra

Con lo scoppio della guerra la sua carriera sportiva, come quella di altri ciclisti con i quali aveva corso importanti gare, come ad esempio Fausto Coppi, viene interrotta. In questi anni, quindi, è costretto a lavorare come riparatore di ruote per biciclette.

 È proprio in questo periodo, però, che compie l’impresa più difficile di tutte: salvare gli ebrei dalla deportazione. Accetta, quindi, di aiutare il cardinale Elia Della Costa a portare documenti e foto tessere tra le città della toscana, nascondendoli nei tubi del telaio della bicicletta, per permettere agli italiani e agli altri immigrati europei di avere un documento falso ed essere al sicuro.

Quando viene fermato nei posti di blocco, intrattiene le guardie parlando di ciclismo e li convince a non perquisire la bici, spiegando che ogni componente è stata montata in modo da adattarsi alle sue caratteristiche fisiche.

Con il tempo le corse ciclistiche professionistiche vengono cancellate e la sua copertura diviene meno credibile. Viene quindi convocato a Firenze perché sospettato. Fortunatamente uno degli ufficiali incaricati di interrogarlo, che era stato suo comandante nell’esercito, riesce a convincere gli altri della sua innocenza.

La liberazione e gli anni seguenti

Di lì a poco Firenze e tutta l’Italia vengono liberate e Bartali è finalmente al sicuro così come i tanti ebrei che ha aiutato.

Riprende gli allenamenti, anche se in età ormai avanzata per il mondo dello sport, e vince nel 1946 per la terza volta il Giro d’Italia e nel 1948, contro ogni aspettativa, il Tour de France.

Quest’ultima impresa viene considerata da molti italiani una salvezza, perché spostando l’attenzione dall’attentato a Palmiro Togliatti, rappresentante del Partito Comunista Italiano, ha evitato lo scoppio di una guerra civile.

Conclude la sua attività da professionista a Città di Castello, la città che lo ha ospitato e protetto durante la guerra. Si spegne all’età di 85 anni nella sua casa a Firenze.

Giusto tra le Nazioni

Per molti anni, nessuno è stato a conoscenza del ruolo che ha avuto nel salvare centinaia di persone, ad eccezione del figlio Andrea, al quale ripete sempre “il bene si fa, ma non si dice” . Solo dopo la sua morte, il contributo di Bartali viene alla luce e nel 2013 viene proclamato dallo Yad Vashem “Giusto tra le Nazioni”.

di Marina D’Aulerio