Eutanasia VS Legge Italiana

L’eutanasia è una pratica mediante la quale si provoca intenzionalmente la morte di un individuo la cui vita è compromessa da una malattia fisica e/o psichica non curabile.

In Italia questo tema è fonte di accesi dibattiti riguardo la sua “legiferazione” .

Nel nostro paese, grazie alla sentenza 242/2019, è permesso al cittadino interessato di ricorrere al suicidio assistito, ossia all’aiuto indiretto a morire da parte di un medico, purché vi sia la contemporanea presenza di alcune condizioni: la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e volere, deve avere una patologia irreversibile portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche, deve poter sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale.

Il suicidio assistito è anche denominato “eutanasia passiva” e, in base all’articolo 32 della Costituzione e alla legge 219/2017, costituisce un diritto inviolabile, al contrario dell’ “eutanasia attiva” ( somministrazione di farmaci che provocano la morte) che, nella nostra nazione, costituisce reato giacché rientra nelle ipotesi previste e punite dall’articolo 579 (Omicidio del consenziente) o dall’articolo 580 (Istigazione o aiuto al suicidio) del Codice Penale.

Ad un italiano che vuole ricorrere all’eutanasia attiva è consentito soltanto interrompere le cure e rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, alimentazione e idratazione comprese. Se il paziente fosse ridotto irreversibilmente allo stato vegetativo, per ricorrere al suicidio assistito, dovrebbe aver già espresso le sue volontà attraverso un biotestamento, dunque avrebbe dovuto prendere una decisione a lungo termine.

Ed ancora oggi, nel 2022, l’Italia decide di non decidere di legalizzare la pratica dell’eutanasia.

Quindici giudici della Corte Costituzionale hanno bloccato il referendum sull’eutanasia legale, nonostante vi fossero più di 1,2 milioni di firme a favore dell’ammissione di legge.

La sentenza completa è ancora in fieri ma la Corte ha giustificato questa decisione poiché, secondo quest’ organo costituzionale, “non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”;  per rimanere in sintonia con l’articolo 75: “Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”, tuttavia la  Corte negli anni ha introdotto parametri aggiuntivi  a questo articolo, come quello dell’omogeneità e, generalmente, criteri soggetti ad interpretazioni decisamente più ampie. La discussione della legge ha assunto i caratteri di un vero e proprio processo con depositi di documenti da entrambe le parti, dunque la decisione della Corte è inappellabile e quindi irreversibile .

 Le divisioni sono riemerse lo scorso 9 febbraio, quando il disegno di legge sul suicidio assistito è tornato alla Camera dopo un esame di due anni nelle Commissioni  Giustizia e Affari Sociali, e sono destinate a riaccendersi con la decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibile il referendum sull’eutanasia attiva.

Personalmente penso che sia altamente ingiusto privare una persona della volontà di scegliere come morire, non si può obbligare una persona a vivere un’esistenza non più dignitosa. 

Come aveva detto Seneca : “Proprio come sceglierò la mia nave quando mi accingerò ad un viaggio, o la mia casa quando intenderò prendere una residenza, così sceglierò la mia morte quando mi accingerò ad abbandonare la vita”, o come leggiamo nel libro Sentenzie del  poeta romano Publilio Siro: “Bene visse colui che poté morire come volle”, la morte è una fase della vita degna di scelte consone.

A chi sostiene che i medici che attuano l’eutanasia attiva siano immorali esplico che è compito del medico migliorare la vita di un paziente curandolo non prolungando la sua sofferenza. Il diritto di vivere include anche il diritto di poter morire.

Sara M.G. D’Annunzio