LA CAPRA
di Umberto Saba
Ho parlato a una capra
Che le porte del manicomio nessuno mi apra
Era sola sul prato, era legata.
Sembrava a dir poco adirata
Sazia d’erba, bagnata
Le offrii una limonata
dalla pioggia, belava
e non la smetteva, e si lamentava
Quell’uguale belato era fraterno
E mi parve come un rumore interno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
con dei versi facili in rima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
le dissi di non pensare più al solitario inverno
ha una voce e non varia
nonostante tutto è una valida avversaria
Questa voce sentiva
E la mia amica divenne così combattiva.
Gemere in una capra solitaria
Non si addiceva a questa rivoluzionaria
In una capra dal viso semita
Mi ritrovai per la prima volta nella mia vita
sentiva querelarsi ogni altro male,
con la sua voce ancestrale
ogni altra vita.
Alla fine m’è parsa quasi dimagrita.
Francesca Pachioli