Gender Equilibrium nelle STEM

Foto di Melany Severo

I dati parlano chiaro: nelle discipline STEM (acronimo per science, technology, engineering, maths) c’è un forte divario tra uomini e donne, specialmente in Italia, dove a fronte di una percentuale maggiore di donne laureate rispetto agli uomini, la situazione si ribalta quando si tratta di lauree STEM. Perché succede questo e, soprattutto, ci sono delle soluzioni?

Con queste premesse ha preso il via l’evento virtuale “Gender Equilibrium nelle STEM”, che si è tenuto in diretta YouTube il 29 marzo durante il Festival della Scienza. L’incontro ha visto la partecipazione di tre giovani ricercatrici o lavoratrici nel campo delle STEM, che hanno condiviso la loro formazione, il loro percorso e le loro esperienze come donne di scienza: Maria Cimini, biotecnologa ricercatrice alla Temple University di Philadelphia; Clarissa Lauditi, dottoranda in fisica e ricercatrice al Politecnico di Torino; e Flavia Galante, ingegnere matematico in ambito finanziario – Quant Pricing Models a Londra.

Foto di Melany Severo

Il dibattito è stato moderato dalla professoressa Giuseppina Addeo, docente di scienze del Polo Liceale Mattioli e ambasciatrice Scientix, la community, numero uno in Europa per la formazione scientifica, che ha l’obiettivo di supportare insegnanti e educatori nell’ispirare gli studenti a proseguire i loro studi nelle discipline STEM. La professoressa Addeo ha introdotto alcuni dati sulla disparità di genere e sulle discriminazioni nei confronti delle donne nel mondo scientifico e, dopo aver illustrato, grazie alle relazioni degli studenti del Progetto Erasmus STEAM, i risultati delle interviste che questi ultimi hanno rivolto ai loro coetanei sui temi trattati nell’incontro, ha tracciato le biografie di alcune tra le più grandi scienziate della storia, come Dorothy Crowfoot Hodgkin, Rosalyn Sussman Yalow e Margherita Hack, sottolineandone non solo i traguardi, che un po’ tutti conosciamo, ma soprattutto gli ostacoli che hanno incontrato nelle loro carriere. Questo a dimostrazione che le donne, quando hanno la possibilità di farlo, contribuiscono in modo indelebile e significativo al progresso scientifico, confutando l’idea emersa dalla maggior parte delle risposte degli intervistati che tra le personalità più di spicco della storia della scienza siano annoverabili sono nomi maschili.

Foto di Melany Severo

Nel corso delle interviste agli studenti, sono state raccolte anche delle domande da rivolgere alle ospiti, le quali, dopo averle ascoltate in un video riepilogativo, hanno risposto riferendosi alla loro personale esperienza e poi confrontandosi tra loro. Maria Cimini, che dopo tre anni ad Harvard ora si occupa di ricerca cardiovascolare negli Stati Uniti, ha riportato un esempio positivo e che potrebbe far ben sperare: nella sua carriera accademica non le è mai capitato di essere discriminata in quanto donna e ha sempre avuto la sensazione che ciò che veramente viene apprezzato e premiato in accademia è la lungimiranza nelle idee, riportando come al momento negli USA nelle discipline STEM si è raggiunto quasi un 50%-50% tra uomini e donne, sia a livello di dottorato e post-doc, sia per quanto riguarda le cattedre dei professori.

Anche Flavia Galante ha avuto un’esperienza positiva e ha raccontato di non essersi mai sentita discriminata né in università, né a lavoro. Secondo lei, infatti, il problema non è tanto la discriminazione diretta, quanto più il basso numero di donne che si iscrivono a facoltà scientifiche e poi proseguono nel mondo del lavoro, perché è proprio questa situazione che influenza le statistiche rendendole così sbilanciate. Lei stessa, dopo la laurea in ingegneria matematica e un lungo periodo di stage a Parigi, ora lavora a Londra in un settore molto di nicchia della finanza matematica e di conseguenza, come risultato di questa disparità, è una delle pochissime donne, se non l’unica, nel campo, che però la appassiona moltissimo, essendo la possibilità di vedere un’applicazione pratica e concreta di quello che ha studiato il motivo per cui ha intrapreso questo tipo di percorso.

Foto di Melany Severo

Clarissa Lauditi, purtroppo, non ha potuto confermare il trend positivo, condividendo commossa la sua esperienza non proprio piacevole nel corso dei suoi studi in fisica, in cui si è spesso sentita quasi invisibile di fronte agli uomini, che sembravano sminuirla o ignorarla. La discriminazione, quindi, non è a livello di competenze – ora è a metà del suo dottorato in reti neurali e intelligenza artificiale al Polito in collaborazione con la Bocconi -, quanto più a livello umano. E quindi suggerisce che l’unica soluzione è instillare la cultura del rispetto sin da quando si è piccoli, insegnando ai bambini e ai ragazzi come relazionarsi con le donne, perché solo così si potranno riscontrare dei miglioramenti anche nel modo in cui le donne vengono trattate nella scienza. Scienza che secondo lei deve iniziare ad essere percepita non come qualcosa di distante e astratto, che sembra quasi non riguardarci direttamente, ma anzi come un mondo a noi vicinissimo e quanto mai fondamentale da conoscere, superando l’astio che molti provano nei confronti della scienza, della matematica soprattutto, che porta a ritenere molto grave, giustamente, non sapere i congiuntivi, ma accettabile non saper fare una proporzione.

La soluzione, condivisa da tutte e tre le relatrici, è iniziare a considerare il lavoro da scienziato come un lavoro come tutti gli altri: il ricercatore non è un genio, quasi una figura mistica, ma è una persona che ha studiato a lungo, facendo grandi sacrifici, ma non così diversa da qualsiasi altra professione. Ciò che però più deve spingere chi vuole intraprendere questo percorso è non l’intelligenza, ma la curiosità, che porta ad approfondire le proprie conoscenze anche negli ambiti non propriamente relativi al proprio campo di ricerca. Perché quello che più è importante è la multidisciplinarietà e il saper districarsi tra settori diversi, anche non scientifici. Maria Cimini, infatti, ha confessato che se dovesse prendere una seconda laurea, subito dopo quella in fisica la sua scelta ricadrebbe su filosofia, perché nella ricerca non sono importanti solo gli esperimenti e i risultati, ma anche il saper comunicarli in un paper con chiarezza e precisione, che è molto più difficile di quanto sembra.

Altrettanto importante, secondo Flavia Galante, è fare quante più esperienze possibili, che siano Erasmus, stage, tirocini, periodi in istituti di ricerca, ecc…, soprattutto all’estero, per entrare in contatto con realtà diverse e multiculturali e specialmente per uscire dalla propria comfort zone.

Quindi quali sono le soluzioni per raggiungere il gender equilibrium nelle STEM? Le tre ricercatrici concordano che la soluzione non può essere rappresentata dalle quote rosa, perché aggirano il problema, non lo risolvono: quello che è necessario è un cambio di mentalità in tutte le fasce della società, ma soprattutto nei più piccoli, rivalutando e riconsiderando il ruolo della scienza e facendola apparire, stimolando la curiosità, come un mondo a cui tutti, bambine e bambini, donne e uomini, possono accostarsi e accedere.

Simone Di Minni