Consumismo e “valori” della modernità

È indubbiamente di grande attualità la tematica relativa al consumismo e inizierei ad analizzare l’etimologia della parola per capire bene il termine.
Dal latino: “consumĕre” («prendere fino alla fine»), un atteggiamento volto al soddisfacimento indiscriminato di bisogni non essenziali tipico della civiltà dei consumi.
Il consumismo crea in noi una mentalità a tal punto nichilista da farci ritenere che solo adottando il principio del consumismo e della distruzione degli oggetti, possiamo garantirci identità, stato sociale, esercizio della libertà e benessere. Analizzerò questo fenomeno a partire dal libro “I vizi capitali e i nuovi vizi” di Umberto Galimberti, all’intero del quale si identificano quattro aspetti relativi al consumismo:
– Circolarità produzione consumo
In una società consumistica l’identità dei soggetti è sempre più consegnata agli oggetti che possiede. Essi devono essere sostituiti continuamente.
– Principio di distruzione
La distruzione non è la fine naturale del prodotto ma il suo fine. Il progresso tecnico rende obsoleti i prodotti creando forme di consumo forzato.
– Crisi dell’identità personale
Il soggetto subisce effetti disastrosi, infatti l’identità personale, come gli oggetti diventa incerta e problematica perché l’immagine di sé è più importante delle sue capacità.
– Politica come consumo
La politica viene influenzata da questo fenomeno, un esempio eclatante: i sondaggi che sempre di più svolgono la stessa funzione delle indagini di mercato. Secondo quest’analisi, il consumismo rappresenta un nuovo vizio perché crea una mentalità nichilista e basata sui principi di consumo e disrtuzione che diventano i “valori della modernità”, ma che invece sono solo dei problematici inconvenienti.
Nadir Massimino, III C