Vulpes e la maledizione di Artemide

Ciao, mi chiamo Vulpes Rossi, sono una volpe dalla punta bianca sulla coda Un tempo ero una persona normale, come tutte le altre, ma a causa dei miei brutti vizi sono diventato quello che sono oggi: una volpe dalla punta bianca sulla coda. Questa è la mia storia…

Tanto tempo fa, ero un bambino molto furbo: ad esempio nelle verifiche copiavo senza farmi scoprire, oppure, quando combinavo dei  pasticci, non mi facevo scoprire. Essere furbi era bello, ma quando scoprivano che avevo copiato o rotto qualcosa scoppiava il finimondo. Una cosa che non amavo erano le volpi, perché pensavo che potessero essere più furbe di me. 

Un giorno, dopo scuola, andai al parco per divertirmi un po’ e quando finii erano le sette e mezza di sera. Stavo tornando a casa: ormai era tutto buio per le strade e pensai a quanto sarebbe stata arrabbiata mia madre, non solo perché ero ritornato tardi, ma anche perché sapevo che la mattina aveva avuto il colloquio con i miei professori ed ero sicuro al novantanove per cento che fosse andato male. Durante la mia camminata, sentii un rumore provenire da un cespuglio,  mi avvicinai per vedere meglio e alla fine non era niente, allora ripresi la mia camminata. A un certo punto, però, sentii un animale che mi prese e mi portò via, mi fece strisciare a terra per così tanto tempo che, e quando ci fermammo, ormai stavo già dormendo.

La mattina seguente mi svegliai, ma mi sentivo strano, come se mi fossi trasformato in qualcosa di diverso… Mi trovavo in una specie di casa e c’era uno specchio, andai davanti a quello specchio e mi vidi trasformato in una volpe!

Stupito da quello che avevo visto, uscii fuori e vidi che ero in una foresta, ma lontano vedevo delle case, allora andai a vedere se c’era qualcuno e in una casa c’era una signora che mi prese e mi portò da lei e iniziò a parlarmi. Mi chiese quanti anni avevo e anche dove ero nato, e stranamente, quando le rispondevo, lei mi capiva. Poi io le chiesi chi era e anche perché ero diventato una volpe. Lei mi rispose che era Artemide, dea della caccia, degli animali selvatici della foresta, del tiro con l’arco; era anche la dea delle iniziazioni femminili e della luna, protettrice della verginità e della pudicizia. Un’altra cosa molto strana è che conosceva il mio nome.

Passata mezz’ora le chiesi perché mi ero trasformato in una volpe e lei mi disse che a causa del mio brutto carattere sarei dovuto rimanere nel corpo di una volpe, ma, se fossi rimasto sempre un bambino furbo e indisciplinato, sarei stato per sempre una volpe, poi mi disse di ritornare da lei dopo un anno.

Alla fine, uscii dalla casa e a un certo punto, mentre camminavo, sentii qualcuno provenire da dietro di me, che mi prese e mi fece strisciare come l’altra volta… alla fine mi addormentai. Quando mi svegliai ero in ospedale  e vidi mia madre e la abbracciai. Uscimmo dall’ospedale e tornammo a casa. Il giorno dopo andai a scuola e all’ora di matematica scoprii che avevo una verifica. Durante la verifica copiai come facevo sempre. Ritornai a casa, ruppi il vaso di cristallo preferito  dalla nonna, ma a me non importava per  niente. Dopo una settimana, mia madre e mio padre si accorsero sia che avevo copiato, sia che avevo rotto il vaso. Passarono giorni, settimane, mesi, anni, ma io mi  ero proprio dimenticato della dea Artemide e quindi continuai a essere il solito furbo e indisciplinato Vulpes.

Una sera, come tutte le altre, andai, dopo scuola, al parco. Ritornai a casa tardi e successe come l’altra volta: mi presero e mi trascinarono e quando fu tutto finito mi addormentai.

Mi svegliai sempre in quella strana casa, andai dalla signora e, appena arrivato davanti a lei, mi disse che non ero riuscito a fare andare via i miei brutti vizi. Senza che dicessi una parola, Artemide mi fece un incantesimo e mi trasformò definitivamente in una volpe vera e propria; l’unico particolare che mi distingueva dalle altre volpi era che sulla coda avevo una punta bianca. Lei mi disse che quella punta bianca significava che non bisognava fidarsi di me.

Passarono i giorni, ormai ero una vera e propria volpe. Nessun’altra volpe che incontravo si avvicinava a me, perché da quella punta bianca si riusciva a capire che ero un animale di cui non fidarsi proprio. Quando sulla pelle mi si appiccicavano gli insetti, dopo due secondi si allontanavano da me, perché non avevo né il sangue né l’anima puri.

Un giorno incontrai Fox, una volpe femmina dalla punta bianca sulla coda, e le chiesi se anche a lei fosse capitata la stessa cosa e lei mi rispose di sì. Dopo un anno passato insieme, aspettavamo dei cuccioli. Quando vennero alla luce, nacquero anche loro con la punta bianca sulla coda.

Cecilia Marfisi, I D