Identità negata e stigmatizzazione sociale  

Il “social stigma” o “stigma sociale” è il fenomeno sociale che attribuisce una connotazione negativa a un membro della comunità in modo da declassarlo a un livello inferiore.
La parola “stigma” fu concepita già nell’antica Grecia per identificare una serie di segni psico-fisici associabili a connotati riprovevoli legati alla “condizione morale” di un individuo.  Schiavi, criminali o traditori erano considerati soggetti “tossici” per la salubrità della società e quindi da isolare ed evitare in ogni ambito di riunione sociale.
La stigmatizzazione è argomento di studio della sociologia e dell’antropologia; si esplicita quando vi sono devianze, ossia atti o comportamenti contrastanti le “normali” usanze sociali. Un comportamento è definito deviante non per la natura stessa dell’atto ma per la “reazione” suscitante nella collettività.
 
 
DIVERSITÀ: IDENTITÀ NEGATA
 
Lo stigma è un pregiudizio, un pensiero formatosi e divulgato prima ancora di compiere un’attenta riflessione e osservazione.
I soggetti più stigmatizzati sono i detentori di una disabilità fisica o mentale, vittime di razzismo, omofobia, ma anche “eterodossi”, con carattere anticonformista e ribelle.
 
Il sociologo Erving Goffman nel saggio “Stigma, l’identità negata”  dimostra come  la “diversità” guidi all’emarginazione. Nel suo scritto Goffman descrive e analizza le pratiche di inferiorizzazione sociale della diversità isolando tre casi specifici: le deformazioni fisiche; quelli che lui chiama “aspetti criticabili del carattere”, e in questa categoria fa rientrare ex-detenuti, ex-pazienti di ospedali psichiatrici, omosessuali; quelli legati alla razza, nazione e religione. Alcuni stigmi sono nascondibili, altri no. Certi individui convivono pacificamente col loro stigma e talvolta ne fanno anche un punto d’orgoglio, altri no. Il concetto da tenere ben presente, sottolineato più volte dal sociologo, è che tutti siamo potenzialmente degli stigmatizzati, tutti lo siamo stati almeno una volta o almeno in una situazione. 
 
 
LA DIFESA DELLA PROPRIA UNICITÀ E LA LOTTA ALLO STIGMA
 
Gli individui soggetti a stigmatizzazione cercano di ribellarsi  e ritrarsi dagli effetti nocivi che lo stigma può avere sull’ autostima. Ciò è possibile grazie a tre modalità principali:
– celando il motivo della devianza, ad esempio non lasciando trasparire un disturbo psichico per non sentirsi “colpevolizzato”, magari evitando contesti sociali in cui potrebbe palesarsi o nascondendo il proprio orientamento sessuale; 
– attuando tecniche di neutralizzazione, ossia adeguandosi alla massa;
– organizzando una rete di ausili e aiuti tra gli stessi stigmatizzati, come ad esempio la lotta della comunità LGBQ o la lotta per l’emancipazione femminile.
 
STIGMATIZZAZIONE DEL DISTURBO MENTALE

Nonostante le malattie mentali siano molto diffuse, ancora oggi chi ne soffre sente il bisogno di nascondere il problema per paura di essere discriminato ed emarginato dalla società. E così la malattia non solo non scompare, ma peggiora, si sedimenta e diventa sempre più invalidante. Da parte di molti c’è un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soggetti colpiti. La malattia mentale è ancora considerata una manifestazione di debolezza, un disagio di cui non si dovrebbe parlare e sono ancora tanti coloro che mettono in atto una vera e propria distanza sociale nei confronti delle persone affette da patologie mentali. I malati mentali sono percepiti come persone “diverse” e incomprensibili, talvolta persino pericolosi. Questo atteggiamento, che deriva da paura e incomprensione, allontana ovviamente il soggetto con sofferenza psicologica dall’intraprendere una cura specialistica, prova vergogna a chiedere aiuto e supporto.

Abbiamo ben chiaro come lo stigma sia un marchio, un’etichettatura negativa, una condanna sociale, una colpevolizzazione, un pregiudizio. Dobbiamo dunque ridurre le barriere mentali dei pregiudizi, imparare a valutare da vicino ogni cosa o circostanza. Conoscere prima di giudicare.

 

  Sara D’Annunzio