• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Annunciate le terne finaliste della nuova edizione del Premio Nazionale di Cultura Benedetto Croce 

Annunciate le terne finaliste della nuova edizione del Premio Nazionale di Cultura Benedetto Croce 

Al via una nuova edizione del Premio Nazionale di Cultura Benedetto Croce, che dal 2006 premia, grazie alla sinergia di numerose giurie popolari e di una giuria istituzionale, le opere ritenute più meritevoli nelle tre categorie di narrativa, saggistica e letteratura giornalistica. Venerdì 3 febbraio, al Liceo Classico d’Annunzio di Pescara, si è tenuta la cerimonia di apertura dei lavori, con l’annuncio delle terne finaliste in occasione di una cerimonia di riflessione sul “Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ieri ed oggi”. 

In collegamento con Pescara c’era anche il Polo Liceale R. Mattioli, in cui anche quest’anno, come da tradizione, si è costituita una giuria coordinata dalle docenti di lettere Anna Di Bussolo e Teresa Pardi e composta da studenti di varie classi: a loro il compito, insieme ai ragazzi di altre 37 scuole dell’Abruzzo e, ormai, di tutto il territorio nazionale e ai membri di 7 giurie tra circoli culturali, biblioteche e penitenziari, di leggere con attenzione i libri selezionati e, il prossimo maggio, di esprimere la loro preferenza durante la riunione delle giurie popolari che si terrà proprio nell’auditorium del Mattioli.  

Le terne dei libri finalisti con cui le giurie popolari si dovranno confrontare sono state annunciate dal responsabile del Comitato organizzatore del Premio, Pasquale D’Alberto, e comprendono:  

per la saggistica, “Passoscuro”, di Massimo Ammaniti, edito da Bompiani, “Paura della scienza”, di Enrico Pedemonte, edito da Treccani, e “Perché il fascismo è nato in Italia”, di Marcello Flores e Giovanni Gozzini, edito da Laterza;  

per la letteratura giornalistica, “Guerra infinita”, di Lorenzo Cremonesi, edito da Solferino, “I paesi invisibili”, di Anna Rizzo, edito da Il Saggiatore, e “Mussolini ha fatto tanto per le donne!”, di Mirella Serri, edito da Longanesi; 

per la narrativa, “Se solo il cuore fosse di pietra”, di Titti Marrone, edito da Feltrinelli, “Erosione”, di Lorenza Pieri, edito da E/O, e “L’equilibrio delle lucciole”, di Valeria Tron, edito da Salani.  

E sono proprio i libri di quest’ultima categoria che dovranno essere letti, commentati e valutati dalla giuria del Mattioli, per poi prendere una decisione comune da riferire a maggio. 

In seguito all’annuncio delle terne, l’incontro, moderato da Nicola Mattoscio, membro della giuria istituzionale, è proseguito con l’intervento di Simona Orsello, coordinatrice delle attività culturali della Fondazione Erminio e Zel Sipari Onlus. Orsello ha ripercorso la storia del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dall’idea precorritrice del professor Romualdo Pirotta di realizzare un parco all’interno dell’allora Riserva Reale di caccia per preservare l’orso bruno marsicano e il camoscio d’Abruzzo, fino all’elaborazione del lungimirante progetto di istituzione, da parte della famiglia Sipari, in particolare Erminio, (e senza dimenticare l’apporto di Benedetto Croce, cugino di Sipari) del vero del vero e proprio Parco Nazionale d’Abruzzo, sul modello del Parco Svizzero. L’inaugurazione ci fu il 9 settembre 1922 e il Parco fu ufficialmente riconosciuto con decreto regio l’11 gennaio 1923, dopo un lungo percorso non senza ostacoli, rallentamenti e sviamenti, ma superati grazie alla forte determinazione di preservare e proteggere “le silvane bellezze e i tesori della natura” abruzzesi, com’è ricordato nella targa inaugurale, determinazione che funse poi da stimolo e esempio per la creazione di altri Parchi Nazionali su tutto il territorio italiano.  

A 100 anni di distanza, la sfida per il Parco è la coesistenza, la simbiosi tra uomo, natura e gli animali. Così, con l’intervento conclusivo di Claudio Manco, responsabile del Servizio Educazione e Didattica del Parco, e Loretta Montenero, responsabile della Biblioteca e dell’Archivio Storico, la discussione si è spostata dal Parco di ieri alle sfide del Parco di oggi: nonostante una legislazione più attenta alle sfide ambientali, la biodiversità nel Parco è più a rischio che mai, tra cambiamenti climatici e la presenza dell’uomo sempre più invasiva. È qui che entra in gioco l’educazione ambientale, che deve necessariamente partire da scuola e diventare sempre più presente nelle aule e non solo, per far sì che il Parco non appartenga solo al passato e al presente, ma si possa parlare anche di un futuro, di un domani.  

 Simone Di Minni