LA BELLEZZA. DIFFICILE DARNE UNA DEFINIZIONE.

La bellezza ha un’anima misteriosa: non si presta ad essere definita in modo oggettivo e una volta per tutte. La saggezza popolare non si inganna quando afferma che non è bello quel che è bello ma quel che piace. Sembra essere dello stesso avviso Giulia Ranno, alunna della classe IV BL del Liceo Scientifico delle Scienze Applicate, del Secondo Istituto di Istruzione Superiore “A. Ruiz” di Augusta.

Che cos’è la bellezza? Sono certa che a questa domanda ogni uomo sulla Terra risponderebbe in modo diverso. C’è chi la trova in un fiore, nel mare, in un quadro o negli occhi della persona amata. C’è chi la sente sua e chi la vede lontana, sfuggente. Si può quindi giungere a una definizione oggettiva della bellezza, qualcosa su cui tutti possano concordare? No. O meglio, ciò su cui si può concordare è sul fatto che sia soggettiva. E gli uomini nel corso della storia lo hanno dimostrato. I greci, per esempio, vedevano la bellezza nelle loro opere laddove vi era perfezione, stabilità. Le forme geometriche dovevano essere precise, moderate ed equilibrate. Gli artisti del Barocco invece riscontrano la bellezza dell’architettura nell’esagerazione delle forme, nella loro sinuosità e nel loro movimento. Ma questo concetto non si limita all’arte. I greci, per esempio, vedevano la bellezza di una donna nella sua abbondanza. Una donna con le curve era per loro sinonimo di una donna in salute e abbiente. Negli anni Novanta del Novecento, invece, si esaltavano le fisicità atletiche, magre e slanciate. Questi esempi non sono altro che i primi di una lunga serie, grazie alla quale possiamo dimostrare che il concetto di bellezza non è stato mai univoco e non sussiste in sé e per sé. È stato sempre correlato al luogo, al tempo e alla mentalità di chi guarda. Si deve però specificare che la bellezza non sussiste in sé in quanto nulla al mondo la possiede: la bellezza non è una qualità da attribuire a qualcosa o qualcuno, ma la sensazione che proviamo alla vista di esso e per questo è soggettiva. Essendo una sensazione, tutto può portarci ad essa. Si può trovare nel cuore di qualcuno, nei suoi modi di fare e persino nella sua intelligenza. E questa bellezza è ciò che ci attrae, che ci spinge a desiderare e ad amare. Ed è soltanto cercandola che riusciamo ad apprezzare ciò che vediamo. Con questo fine sono stati avviati diversi progetti di riqualificazione del territorio, mirati appunto a valorizzarne la bellezza. Tra questi per esempio, ne troviamo uno in particolare che si è spinto oltre alla semplice “restaurazione di edifici”. Antonio Lo Presti, mecenate e artista, ha osservato e compreso la bellezza di un territorio che era stata celata da anni di pregiudizi. La città satellite di Catania, Librino, è sempre stata considerata uno dei quartieri più disagiati del capoluogo. Negli anni passati è stata usata come sede d’appoggio di diversi clan mafiosi, che le hanno assegnato la nomea di non essere altro che questo: un covo di mafiosi e spacciatori. Il signor Lo Presti è stato però non solo capace di trovare la bellezza di questo territorio, ma anche di saper dimostrare al mondo intero la bellezza di chi lo vive. Creando la “Porta delle Farfalle” quest’anno e la “Porta della Bellezza” diversi anni fa, ha collaborato con le famiglie di Librino creando il murales in argilla più lungo al mondo. In questo caso la bellezza è stata un tramite tra i cuori delle persone e l’arte, che ha condotto alla realizzazione di un’opera stupenda, il cui potere non si ferma qui. Chiunque la visiti riesce infatti ad apprezzarla e a rivalutare qualcosa che è stato etichettato ingiustamente decenni fa. Questo è l’uso didattico della bellezza: la capacità di avvicinare chi non conosce e di far ricredere coloro che pensano di conoscere già. Peppino Impastato disse al riguardo: “è per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore…”. Nonostante siano passati quarantacinque anni dalla morte di questo coraggioso uomo, le sue parole non possono che essere assolutamente vere. Educare alla bellezza vuol dire far scoprire cosa c’è oltre l’apparenza. Parlare di questo nel secolo dei mass-media risulta però difficile. I social nel corso degli ultimi anni hanno portato a pensare che la bellezza risieda in specifici canoni e misure, che sono del tutto irraggiungibili. Hanno fatto credere a tantissime ragazze che la bellezza corrisponda a una taglia o che questa possa ridursi al numero che appare ogni volta che saliamo sulla bilancia. E questo è uno degli aspetti più negativi dei social: si pensa che mostrarsi per come siamo sia sbagliato e che nessuno ti apprezzerà per come sei davvero. E così ci si nasconde agli occhi degli utenti che giudicano attraverso uno schermo. Si usano applicazioni e filtri per modificare la propria immagine affinché tutti pensino che quel numero tanto agognato sulla propria bilancia sia comparso. Personalmente però ritengo che chiunque si interessi a giudicare gli altri, per questo, sia una persona spiccia, superficiale. La vera bellezza va cercata, ricercata e scoperta in profondità. Non si trova soltanto in superficie: non tutto ciò che è bello fuori lo sarà anche dentro. La bellezza, la vera bellezza, a mio parere, sta negli occhi sinceri di chi lo sa e la vuole cercare. Io per esempio l’ho trovata nella mia famiglia, nel mio cane, nella mia migliore amica, nell’arte, nella mia Terra,  da me tanto odiata quanto amata.

Invito tutti a cercare la bellezza in ogni luogo del mondo, così da poterlo guardare sempre con gli occhi di un bambino che ha voglia di scoprire, di ammirare e di ricordare. Che ha voglia di vivere.

Ranno Giulia, IV BL