“We don’t need no thought control”

Un insieme di umani, in fila e sparsi sulla tela, un insieme di pennellate bianche e nere che si confondono su uno sfondo neutro: la politica, i social e la pubblicità hanno preso il sopravvento.

“We don’t need no thought control”

Così urlano i bambini nella famosa canzone “Another Brick In The Wall pt. 2” dei Pink Floyd e così è intitolato Il nostro quadro.

Tuttavia, se per loro il controllo del pensiero si riferiva all’opprimente sistema scolastico degli anni settanta, per noi concerne a tutto ciò che, nei nostri giorni, manipola e plasma la mente umana.

Spiccano le insegne sul muro, tracciano le linee per disegnare una società vuota e priva di significato. Non è più l’uomo a decidere per sé, ma qualcosa che ormai è al di sopra della società stessa. Una modella deformata dalla chirurgia plastica che detta le leggi per un corpo perfetto e i marchi che controllano la civiltà e la prosciugano del suo essere si distinguono dal resto del quadro in quanto contrastano le pennellate indefinite degli esseri umani.

Questo, ormai, è un mondo in cui gli uomini, uno dopo l’altro, vengono indottrinati e resi uno uguale all’altro. Figure indistinte si dirigono verso la loro fine ultima – il tritacarne – per ridursi a una massa nera, informe ed omogenea.

Nulla ha più importanza, la realtà è diventata grigia, spoglia, ripetitiva. I colori della vita si sono persi e così anche il pensiero critico di ognuno. Questa è una delle principali ed estreme conseguenze di un mondo privo della libera informazione tra i giovani.

Tutti vivono e vengono cresciuti senza che sviluppino idee ed opinioni proprie, costretti a “pensare pensieri già pensati” da generazioni e generazioni che hanno abitato il passato.

“Non abbiamo bisogno del controllo del pensiero”, è come un urlo che squarcia il silenzio dell’ignoranza.

Forse, però, è una frase che fa intendere l’opposto di quanto rappresentato nel quadro.

Non a caso, descrive ciò che si nasconde dietro il muro, ciò che è inaccessibile, ciò che Loro nemmeno immaginano.

Dietro pennellate grigie che assumono forme umane solo se guardate da lontano, appare l’elemento che le separa dal mondo vero, da un mondo in cui vivere possedendo il controllo di sé è possibile: il Muro.

Il Muro a mattoni bianchi – che compare anche nella copertina dell’album di “Another Brick in The Wall pt.2” –  è contornato da una linea rossa: l’unico colore che si fa protagonista del quadro e che ritorna anche negli uomini.

Ognuno, infatti, ha un filo rosso dentro di sé, un filo che non crede di dover cercare e che probabilmente nemmeno scorge in mezzo ad idee e riflessioni di altri che mai saranno sue davvero.

Il muro appare imponente, ma è più fragile di quello che sembra: basterebbe una leggera brezza provocata da un libro che si apre a farlo crollare. Una crepa si disegnerebbe su di esso e i mattoni cadrebbero, uno dopo l’altro, facendo passare la luce e i colori.

Giulia Tiranno

Alessandra Masciantonio