Proprio nel cuore della nostra città troviamo la Cattedrale di San Giuseppe, importante testimonianza del romanico vastese. La chiesa fu eretta, molto probabilmente, intorno alla metà del 1200 come cappella di un convento agostiniano.
La Cattedrale, come si può evincere dalla facciata, ha subìto molti restauri nel tempo, tra cui diversi ampliamenti e modifiche che la portano alla forma attuale. Per esempio, il rosone al centro è di circa un secolo fa, e prima degli anni ottanta, la cattedrale possedeva ancora il vecchio chiostro di epoca monastica che poi fu fatto saltare in aria.
Il Convento di Sant’ Agostino
Il monastero agostiniano sorgeva proprio a sinistra della chiesa e comprendeva una buona porzione della zona circostante. Subito dietro di essa, dove oggi sorgono palazzi, si trovava l’ antico orto che serviva per sostentare i monaci. Si racconta, inoltre, che Il monastero, tra il 1260 e il 1280, accolse il beato Angelo da Furci, importante sapiente locale che, a seguito della sua permanenza nel monastero, si trasferì a Parigi e andò a lavorare alla Sorbona, ancora oggi una tra le più rinomate università del mondo.
Il monastero restò attivo fino all’ arrivo dei francesi, agli inizi dell’Ottocento, quando, per volontà di Napoleone Bonaparte, tutti i conventi vennero chiusi e distrutti. La chiesa però si salvò grazie all’ arrivo di un prete che iniziò a gestirla.
La Chiesa fu elevata a Cattedrale nel 1853 con la formazione della Diocesi di Vasto che, comunque, non deteneva un proprio vescovo ma era alle dipendenze di quello di Chieti. Per questo, nel 1986, fu retrocessa a Concattedrale e la diocesi di Vasto fusa con quella di Chieti.
I sotterranei della chiesa
Internamente, come descritto precedentemente, la chiesa è stata totalmente modificata quando nel 1856 fu elevata a cattedrale, passando da uno stile Barocco ad uno Neogotico che la caratterizza tuttora. L’ unica sala interna rimasta intoccata è proprio il sotterraneo della chiesa dove sono esposti dei resti del Chiostro. Proprio lì si vede forse l’ultima traccia del suo passato dove si scorge un vecchio muro portante ed uno spesso pilastro che un tempo sostenevano il convento.
È molto interessate notare come nulla resta immutabile per sempre, tutto cambia e continua a cambiare, ma tutto lascia qualcosa dietro di se, qualche traccia che noi raccogliamo e usiamo per comprendere il nostro passato.
Un grazie va allo studioso di storia locale, il professore Paolo Calvano.
Matteo Marletta