I polarizzatori

I polarizzatori sono strumenti fisici adoperati nel campo dell’ottica in grado di convertire un fascio di luce che non segue una direzione specifica (in gergo, si dice “non polarizzato”) in un fascio luminoso polarizzato.

Prima di iniziare la trattazione, si rende nota una curiosità a proposito del termine “polarizzare”: esso può essere rinvenuto in un verso peculiarissimo di un’opera di Andrea Zanzotto “glabro latte, polarizzato zucchero”; il componimento, tratto dalla raccolta IX Ecloghe, contiene quasi un tecnicismo per ogni verso, riflettendo la generale tendenza novecentesca alla tecnificazione industriale e secondo nuove prospettive poetiche che avevano visto esiti squisiti già in Pascoli (per coloro i quali desiderassero approfondire tali aspetti si rimanda a Serianni, 2011, Manuale di linguistica italiana, cap. 5).

Numerosi polarizzatori sfruttano il fenomeno fisico della birifrangenza. Mediante l’interpretazione della luce fornita dalla teoria ondulatoria, si può dimostrare che, quando un raggio di luce attraversa la superficie di separazione fra due corpi aventi indice di rifrazione distinti, l’angolo d’incidenza della luce rispetto alla normale al primo mezzo è legato all’angolo di rifrazione nel secondo mezzo da una semplice legge fisica nota come legge di Snell-Cartesio (o, più semplicemente, legge di Snell, come si trova su molti testi inglesi). La legge di Snell, tuttavia, è valida solo per materiali isotropi, ossia per mezzi che non presentano differenze se percorsi secondo direzioni distinte. La maggior parte delle sostanze sono, però, anisotrope e i fenomeni coinvolgenti la luce divengono più complessi.

Sebbene generalmente l’indice di rifrazione sia esprimibile, grazie all’equazione di Cauchy, in funzione di potenze della lunghezza d’onda, può capitare, quando certe sostanze sono sottoposte a un campo elettrico, che l’indice di rifrazione sia direttamente proporzionale non solo alla lunghezza d’onda o alla prima potenza del campo elettrico ma persino al modulo del quadrato del campo (la costante di proporzionalità è la costante di Kerr, dipendente dalla natura del corpo in esame). Il fenomeno appena descritto è denominato “effetto di Kerr”. Il fenomeno della birifrangenza si verifica in materiali anisotropi il cui indice di rifrazione dipende dalla polarizzazione e dalla direzione di propagazione della luce. Materiali di questo tipo sono sostanzialmente i cristalli (e alcune materie plastiche artificiali).

Nei cristalli si possono di solito riconoscere degli assi cristallografici (o assi ottici) e la polarizzazione viene espressa in funzione del tensore suscettività dielettrica, tensore simmetrico a sei componenti. È bene precisare che gli assi ottici non sono assi particolari localizzati in qualche parte del cristallo, sono direzioni. Un mezzo anisotropo può essere descritto da valori diversi della costante dielettrica relativa (ke) a seconda dell’asse ottico x, y o z; se i valori delle ke lungo gli assi sono tutti distinti il cristallo è biassico, mentre se due valori coincidono il cristallo è detto monoassico. La varietà più interessante ai fini delle applicazioni è quella dei cristalli monoassici. Come fu osservato per la prima volta nell’ultimo quarto del diciassettesimo secolo da Rasmus Bartholin, quando un raggio luminoso colpisce un cristallo, il raggio viene sdoppiato in due raggi: il primo è detto ordinario (O-ray) e si comporta secondo la legge di Snell-Cartesio; il secondo è detto straordinario (E-ray) e il suo comportamento non può essere descritto dalla legge di Snell-Cartesio. Nel caso dei cristalli monoassici tale manifestazione si ha in tutte le direzioni eccetto una (ossia quella lungo cui le ke collimano). Tra i cristalli monoassici che presentano birifrangenza è bene citare almeno la calcite (che non è altro che carbonato di calcio cristallizzato) e una sua varietà, lo spato d’Islanda, caratterizzato dall’essere incolore e trasparente. Quando un cristallo si presenta in forma romboedrica, com’è, di solito, per lo spato d’Islanda, il fenomeno si osserva in quattro delle sei facce, per i motivi sopra chiariti.

I polarizzatori che sfruttano la birifrangenza sono particolarmente utili quando si voglia polarizzare della luce della regione ultravioletta dello spettro. Ne esistono di diversi tipi. Il polarizzatore di Ahrens consiste di tre prismi di calcite. I tre prismi che costituiscono il polarizzatore sono cementati insieme dal balsamo del Canada, un’oleoresina cavata dall’abete balsamico, avente un indice di rifrazione di circa 1,55 e avente impiego anche nell’ambito della microscopia (viene deposto sul vetrino in caso sia necessario osservare un campione con l’obiettivo a immersione). Il prisma centrale a forma di cuneo presenta un angolo d’incidenza relativamente grande rispetto al fascio di luce. Quando la luce non polarizzata urta la superficie d’entrata del polarizzatore, i raggi ordinari subiscono riflessione totale nella faccia intermedia del prisma e sono assorbiti dalla pittura nera che ricopre le superfici laterali del polarizzatore. I raggi straordinari, invece, che per la calcite hanno un indice di rifrazione più basso (e quindi un angolo critico maggiore) dei raggi ordinari, passano attraverso la superficie intermedia senza essere riflessi. Il balsamo del Canada limita le possibilità d’uso di questo strumento allo spettro visibile.

I polarizzatori di Glan sono una classe di polarizzatori tra i più conosciuti in ambito scientifico. Ce ne sono tre variazioni (Glan-Foucault, Glan-Taylor e Glan-Thomson), ma tutti consistono di due prismi birifrangenti uniti insieme secondo diverse configurazioni. Un’altra caratteristica che li accomuna è quella di essere basati sul principio di riflessione totale interna, per cui una delle componenti della polarizzazione (gli O-ray) sono trasmessi dal polarizzatore e l’altra (gli E-ray) è rigettata dalla riflessione interna. Nella configurazione di Glan–Foucault, designata specificamente per i raggi UV, non sono utilizzate sostanze come il balsamo del Canada per ottenere il coupling e i due prismi sono separati da un intermezzo di aria. Inizialmente, con questa configurazione sono riflessi i raggi straordinari e trasmessi quelli ordinari; tuttavia, a causa dell’intermezzo, ci sono chiaramente due superfici di separazione aria-calcite, il cui attraversamento causa una sostanziale perdita di riflessione degli E-ray, risultando in una solo modesta trasmissione degli O-ray. Le modificazioni a carico della configurazione di Glan–Foucault (l’angolo d’incidenza nella giunzione viene reso molto prossimo, in valore, all’angolo di Brewster, l’angolo per cui si ha assenza totale di riflessione), proposte da Archard e Taylor nel 1948 hanno consentito di ridurre significativamente la riflessione dei raggi straordinari. Il massimo angolo d’incidenza al quale un elemento ottico o un materiale trasmette la luce per riflessione totale interna è detto acceptance angle e per il prisma di Glan-Taylor è di circa 7 gradi. Nella configurazione di Glan–Thompson tale angolo viene aumentato fino a 15 gradi, utilizzando sostanze simili al balsamo del Canada, i cosiddetti coupling-cement.

Michelangelo Grimaldi