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Cos’hanno in comune i rapsodi e l’intelligenza artificiale?

Il termine rapsòdo viene dal greco “ῥαψῳδός”, vocabolo composto dal verbo ῥάπτω ‘cucire, rappezzare’ e dal sostantivo ᾠδή ‘canto’ e designa, nell’accezione più diffusa correntemente, dei “cucitori di canti”, una vera e propria professione diffusa perlopiù nella Grecia antica.

“Poetry is not a haphazar activity but an art based on professional knowledge”

“La poesia non è un’attività casuale ma un’arte basata sulla conoscenza professionale”.

I rapsodi avevano il “compito” di diffondere, interpretare e spiegare Omero: imparavano a memoria, per intero, l’Iliade e/o l’Odissea e “cucivano” insieme parti di canti da declamare a una platea di ascoltatori. 

Nello Ione, dialogo in cui Socrate interroga un rapsodo (il cui nome è, appunto, Ione), Platone giunge alla conclusione che la rapsodia non è un’ arte; e il motivo è, semplicemente, che quest’attività non soddisfa quella congiunzione di caratteristiche che distinguono l’arte . La più rilevante caratteristica ai fini della presente discussione è la non insegnabilità dell’arte rapsodica (criterio esplicitato, tra l’altro, nel Menone e non nello Ione). Si tratta di un tipo di conoscenza ingenita che i suoi detentori non sono in grado di spiegare razionalmente, ma che può essere identificata come una forma di percezione veritiera (una sorta di opinione plausibile), una modalità di comprensione che, come precisato nel Menone, può produrre gli stessi risultati positivi della conoscenza razionale.

Poiché questa forma di conoscenza non può essere giustificata in sé stessa, la sua origine deve essere cercata  e rinvenuta altrove, il che apre la possibilità di attribuirle una natura divina e di considerare coloro che la possiedono come ispirati dagli dei. Più precisamente, i rapsodi sono entusiasti, sono posseduti dalla divinità che li ispira (‘spira dentro’).

Nel contesto della Repubblica platonica, si delinea un’analisi profonda sull’essenza della poesia, la quale emerge come una forma artistica imitativa che si distingue per la sua capacità di narrare la realtà attraverso una composizione in versi. Si evidenzia che tale forma d’arte, essendo intrinsecamente un’imitazione (è, anzi, mímesis miméseos, imitazione d’imitazione, come dichiarato nel X della Repubblica), non è confinata ad un ambito specifico della realtà, ma è in grado di replicare qualsiasi aspetto della stessa (oggetti, azioni o caratteri umani). Di conseguenza, la poesia viene considerata una sorta di pseudo-conoscenza e pseudo-arte, poiché si allontana dalla pura verità pur aspirando ad una sorta di valenza universale. Analogamente al sofista, il poeta può creare una vasta gamma di rappresentazioni, ma ciò avviene soltanto a livello d’imitazione, senza raggiungere la profondità del vero. La qualità di una poesia, dunque, risulterà dipendente dalla qualità dei modelli che essa imita; la specificità del poeta si manifesta nell’abilità di presentare, attraverso le forme specifiche della sua arte, modelli di comportamento che siano validi e costruttivi, basati su un qualche grado di comprensione del concetto di bene. Come già argomentato nell’Apologia, il poeta è raffigurato come un individuo privo di autocoscienza circa la verità o la falsità delle proprie sentenze. Per Platone, il sapere epistemico è ameccanico e amimetico; mentre il lavoro del rapsodo non è altro che meccanica e, si dirà, quasi stocastica riproduzione di una successione di suoni.

È evidente che l’AI si comporta come una sorta di super-rapsodo platoniano: è in grado di fornire una risposta (anche errata e/o priva di senso logico) a qualunque quesito le sia posto; tuttavia, l’output risultante è sì un testo ben formato che per noi è dotato di senso (almeno) linguistico, di significato, ma che è il mero risultato di una trasmissione meccanica non sottoposta ad alcun filtro di coscienza di ciò che è scritto. Le risposte sono basate su modelli predefiniti che non possono esaurire la molteplicità delle situazioni somministrate all’AI; tali modelli possono essere considerati analoghi all’entusiasmo dei rapsodi.

Invero, ChatGPT, quando interrogata al proposito risponde: “La mia capacità di comprendere e discernere la veridicità delle informazioni è limitata. Posso generare testo coerente e articolato basandomi sulle informazioni e le strutture linguistiche fornite, ma non ho la capacità di valutare la veridicità delle affermazioni che produco. Le mie risposte sono create utilizzando modelli statistici e conoscenze linguistiche, e non posso eseguire un processo di valutazione della verità o falsità delle informazioni. Pertanto, è importante che gli esseri umani esercitino il proprio giudizio critico e discernimento quando considerano le informazioni da me fornite”.

Michelangelo Grimaldi