Le Baccanti di Euripide

“Le Baccanti” è il titolo di una delle tragedie più famose del drammaturgo greco Euripide. Quest’opera fu rappresentata per la prima volta ad Atene nel 405 a.C. e racconta la storia delle donne di Tebe, le cosiddette Baccanti, che celebrano il culto di Dioniso

La trama

Dioniso dio del vino, del teatro e del piacere, è nato dall’unione di Zeus e Semele, una donna mortale, figlia del re di Tebe Cadmo. Giunge a Tebe fra gli umani per dimostrare alla città, una volta per tutte, che è un dio e non un uomo, come vorrebbe una maldicenza diffusa. In effetti, da un po’ di tempo, per invidia, le sorelle della madre ed il nipote Penteo, re di Tebe, vanno diffondendo la voce che il vero padre di Dioniso sia un uomo qualunque e che la storia del rapporto con Zeus, in realtà, serva solo per mascherare la “scappatella” della donna. Proprio per questo Zeus, sdegnato per la menzogna, avrebbe incenerito Semele. 

Per ristabilire la verità, dunque, Dioniso si presenta e afferma di essere sceso tra gli uomini sotto falsa identità, facendosi chiamare lo “Straniero” e comincia con l’indurre il germe della follia in tutte le donne tebane; queste fuggono sul monte Citerone e celebrano riti in suo onore, diventando per l’appunto Baccanti.

Penteo, di ritorno da un breve viaggio, trova Tebe deserta di donne e sdegnato chiede dove siano finite: quando viene a sapere che tutte le donne, comprese la madre e le zie, sono sul monte Citerone con un bellissimo “Straniero”, va su tutte le furie e fa arrestare lo stesso Dioniso per imprigionarlo con le Baccanti. Penteo rifiuta di riconoscere un dio in Dioniso: lo considera un demone che ha ideato una trappola per adescare le donne, favorito dal suo aspetto seducente.

Il dio però scatena un terremoto che gli permette di evadere immediatamente, liberando anche le Baccanti. Penteo lo vede apparire contemporaneamente in tre luoghi diversi, ma neppure così si convince della sua divinità.

Nel frattempo, dal monte Citerone giungono notizie inquietanti: le donne che compiono i riti, in un momento di furore dionisiaco, si sono avventate su una mandria di mucche, sqaurtandole vive con forza sovrumana. Hanno poi invaso alcuni villaggi, devastando tutto, rapendo bambini e mettendo in fuga la popolazione.

Dioniso chiede a bruciapelo a Penteo se quello che desidera non sia in realtà vedere sua madre e le sue zie impegnate in supposte sconcezze. Dioniso, è capace di leggere nella psiche umana, come in un libro aperto, e sa che Penteo è in realtà affetto da un evidente complesso di Edipo.

Penteo, colto in contropiede, risponde subito di sì e il dio riesce allora a convincerlo a mascherarsi da donna per poter spiare di nascosto le Baccanti. Dioniso lo accompagna sul Citerone, una volta che i due sono giunti sul monte, però, il dio fa salire Penteo in cima ad un abete e poi scompare.

Una voce dal cielo, aizza le Baccanti contro Penteo. Furiose, credendo di vedere un leone di montagna, esse sradicano l’albero, si avventano su di lui e lo fanno a pezzi. La prima ad infierire su Penteo, staccandogli di netto un braccio, è sua madre Agave, che poi gli taglia la testa e la infilza sul tirso, il giavellotto delle Baccanti.

Questi episodi vengono narrati a Cadmo da un messaggero che è tornato a Tebe dopo aver assistito alla scena. Poco dopo arriva anche Agave, munita del bastone sulla cui sommità è infilzata la testa del figlio. Cadmo, inorridito di fronte a quello spettacolo, riesce pian piano a far rinsavire Agave, rivolgendole il viso verso il sole. Agave si accorge con orrore di ciò che ha fatto e ne è sconvolta.

A quel punto riappare Dioniso, con una fredda brutalità, spiega di avere architettato questo piano per punire chi non credeva nella sua natura divina e condanna Cadmo e Agave ad essere esiliati in terre lontane. 

Conclusione

Le Baccanti, seguaci di Dioniso, abbandonano la famiglia e la propria città per dedicarsi ai riti estatici sul monte Citerone, in modo da avere un’unione più diretta con Dioniso.

Queste donne rappresentano un universo marginale che rifiuta la dimensione della polis, impostata sul modello logico maschile, e rivendicano un altro modo di percepire la realtà isolandosi su di un monte e portando alla luce un’energia selvaggia, presente nella propria psiche femminile. Si liberano così dai condizionamenti della società patriarcale, che elimina la loro autonomia, per dare sfogo alla propria interiorità. 

La Baccanti assumono attitudini e attività che la società riserva agli uomini, come la caccia e la brutalità bellicosa tipica delle guerre cui notoriamente le donne non  partecipavano, ma il loro movimento non è riducibile a questo è diventa qualitativamente qualcosa di altro e di nuovo, proprio per l’eccezionalità del potere di cui esse godono grazie all’invasamento del dio. 

Alessia Dragaj