Perfezione è diversità: il coraggio di essere unici

Chiunque, almeno una volta nella vita, si è guardato allo specchio scorgendo soltanto le proprie “imperfezioni” e “anomalie”.
Perché, nonostante i nostri pregi, ci sentiamo soli, strani, DIVERSI, non accettati?
È proprio l’insieme di queste percezioni e proiezioni negative a far nascere la necessità di una maschera che possa omologare e mimetizzare i singoli individui con la massa per farli sentire come “normali” e quindi accettati da amici, parenti, colleghi e dall’intera comunità.
Si è costantemente alla ricerca di una perfezione estetica e caratteriale che risulta sempre essere incompleta e irraggiungibile.

“Nel cammino della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”, scrive Pirandello. Niente di più vero. Non solo si plasma il proprio carattere all’occorrenza per essere accettati dal gruppo, ma si cerca di raggiungere gli standard di bellezza che i social, come ad esempio Instagram, esigono.
Questo accade ricorrendo alla chirurgia estetica, alle creme anti-età e persino ai filtri, che rendono ragazzine di dodici anni delle modelle trentenni o che mutano volti e profili appiattendoli in standard di bellezza convenzionale.
In questo processo, però, ci si sente sempre imperfetti perché, anche raggiungendo artificialmente l’obiettivo tanto agognato, in realtà non si è se stessi, ma la maschera costruita con lo scopo di ricevere approvazione. Senza considerare che gli standard dei social sono irreali: le modelle stesse affermano di essere truccate da professionisti e le foto vengono poi modificate digitalmente dalle agenzie per cui lavorano. Pertanto, spesso gli obiettivi da raggiungere possono definirsi irrealizzabili in quanto inesistenti.

Non si può inoltre trascurare che le persone, per sentirsi accettate, agiscono per compiacere il prossimo: adolescenti sfoggiano sigarette elettroniche per non essere additati dagli amici come bambinoni! Se la maggioranza si pregia di andare alle feste in cui si beve e ci si ubriaca e altri decidono di trascorrere il sabato sera in una pizzeria a bere Coca Cola, allora la “minoranza” sarà diversa, ma in senso negativo e coloro che ne faranno parte saranno definiti asociali strani, noiosi e accusati di non sapere come “divertirsi”.

Proprio da episodi come questi maturano fenomeni discriminatori ben più gravi, come il bullismo o il razzismo: da sempre il “diverso” è stato emarginato e maltrattato dalla società, basta aprire il libro di storia per ricordarlo. Sfortunatamente, non serve tornare nell’Ottocento per accorgersene.  Solo per citare alcuni dei tanti fenomeni presenti tutt’ora, si pensi a George Floyd, ucciso nel 2020 dalla polizia americana perché nero o ai milioni di immigrati che muoiono in mare ogni giorno.

Il bullismo e il recente cyberbullismo, con i suoi leoni da tastiera, costituiscono un’altra sfaccettatura della questione ma, al contrario di come si pensa, questi fenomeni non riguardano solo i ragazzi. Infatti, le celebrità vengono continuamente attaccate dagli haters, persone che si nascondono dietro ad uno schermo per offendere e denigrare il lavoro altrui.

E che dire della parità di genere? Siamo lungi dal raggiungerla: secondo le statistiche noi donne dobbiamo attendere ancora 169 anni per la parità economica, 161 per quella politica e 131 per le pari opportunità sociali.
Tuttavia, questo non vuol dire che dobbiamo smettere di combattere. Se essere abusati e maltrattati è la normalità, allora io come ragazza e futura donna non la voglio. Se devo cambiare me stessa per raggiungere gli standard dei miei coetanei ed essere “normale”, allora NON VOGLIO. Perché, in fondo, nessuno è “normale”, finge solamente di esserlo.

Ognuno ha le proprie stranezze e imperfezioni che tenta di nascondere dentro di sé, ma che sono la nostra stessa essenza. Io le definisco unicità, caratteristiche distinte e proprie della persona. La verità è che siamo tutti diversi, sia dentro che fuori. E non bisogna vergognarsene o nascondere ciò che si è, né tantomeno bisogna aver paura di essere autentici.
La società, per migliorare, ha sempre necessitato di coloro che vengono definiti “fuori dal coro”.
Infatti, le più grandi scoperte del secolo sono state effettuate da chi ha pensato e pensa fuori dagli schemi. Premi Nobel per la fisica e la chimica come Einstein e Marie Curie, ma anche letterari, come Neruda e il già citato Pirandello, hanno contribuito al miglioramento della vita e del sapere odierni. Le diversità possono diventare, pertanto, i nostri maggiori punti di forza.

Come affermato dallo scrittore, critico e curatore editoriale Giuseppe Pontiggia, vi è la necessità di cambiare prospettiva nei confronti del concetto di normalità, in quanto tale bisogno “non è negando le differenze che lo si combatte ma modificando l’immagine della norma”.
Storicamente, l’omologazione sociale, politicamente determinata attraverso la soppressione del pensiero critico individuale, è stata propinata dai regimi totalitari. Uno spunto lo si può trovare nel romanzo distopico di George Orwell “1984” nel quale lo scrittore mostra gli eccessi raggiunti dai leader delle rivoluzioni che hanno imposto leggi tese a controllare e appiattire gli individui in una società sopraffatta, omologata ed annichilita. Il Grande Fratello, a capo del Governo, attraverso teleschermi, esercita un potere assoluto sui cittadini, controllandoli e utilizzando la propaganda e la censura per consolidare il potere. In particolare, la neolingua, rivisitata e corretta, è lo strumento per eccellenza per limitare ogni forma di pensiero critico.
L’omologazione di massa rappresenta quindi l’apice dello smarrimento di ogni individualità intesa come possibilità di sviluppare un giudizio critico che permetta il miglioramento dell’intera società.
La ricerca di se stessi e l’esaltazione della diversità rappresentano una tappa fondamentale di questo accrescimento.
La società, quindi, migliorerà quando verrà compreso che la normalità non esiste e che sfruttando le qualità intrinseche di ognuno di noi si può contribuire all’evoluzione del mondo intero. È compito delle scuole educare le nuove generazioni all’individualità, affrontando e superando le problematiche che persistono nel nuovo millennio.


                                                                                                                                             Greta Radoccia