Professori: Studenti di ieri, insegnanti di oggi

 

Spinti da una curiosità in quanto studenti, ci siamo chiesti come vivono i professori pensando alla loro vita da allievi e il loro riscontro in ambito lavorativo. Così abbiamo intervistato la professoressa Giacomin Stefania, Insegnate di lingua inglese presso l’istituto I.I.S.S. Ambrosoli. A seguire le domande con le relative risposte:

1. Per quale motivo ha scelto di essere un insegnante? Passione o percorso della vita?

Passione. Il percorso della vita mi aveva portato da qualche altra parte. Da sempre, però, alla domanda della mia relatrice “Che cosa vuole fare dopo la tesi?” io gli risposi proprio “INSEGNARE”, al che lei mi ha anche guardato strano.

2. Come ricorda i primi anni di insegnamento?

Strani perché ero supplente e non lavoravo in maniera continua, quindi per ogni situazione andava prima capito il contesto. Le supplenze brevi sono per un verso faticoso, per l’altro molto meno insomma.

3. Quali furono le sue paure e i suoi successi in questo breve periodo?

Io consideravo “successi” quando riuscivo a coinvolgere tutta la classe; perché quando arriva la supplente si pensa a fare chiasso, invece riuscendo a coinvolgerli nelle attività…

Paure, no mai avuto paure in particolare, anche se certe volte venivo messa in guardia su alcuni elementi che erano particolarmente problematici.

4. Come vive la sua vita da insegnante ricordando il fatto di essere stato prima una studentessa?

Io ricordo sempre di com’ero studente e cerco di non far subire ai miei allievi quello che ho subìto io, ma nel frattempo sono passate ere di generazioni: è vero che gli studenti italiani siano stressati, ma io non mi sento l’insegnante che stressa gli studenti.

5. Come deve essere per lei il rapporto professore-studente e quanto per lei è importante all’interno della lezione?

Per me dovrebbe essere un rapporto di reciproca fiducia e rispetto, quello che noto è che molto spesso la fiducia che concedo viene un po’ abusata, perché viene presa per una forma di debolezza; questo mi dispiace perché io ho fatto la precisa scelta di venire a lavorare nella scuola superiore proprio perché ci tenevo a questa componente del rapporto con lo studente. Per me conta tanto durante la lezione perché se non c’è una buona intesa, la lezione non funziona perché l’insegnante è uno e il gruppo classe è sempre di più.

6. Se lei potesse cambiare la situazione di un ragazzo a rischio bocciatura, semplicemente parlandogli e facendogli un discorso, cosa gli direbbe per incoraggiarlo? Quali sarebbero i suoi consigli?

Io ho provato lo scorso anno con un ragazzo che era nell’anno terminale a farlo riflesse su quelle che erano le prospettive. Mi rendo conto però che è estremamente complicato riuscire bene a comunicare l’intenzione, perché la prospettiva che ho io è completamente diversa da quella che hanno molti studenti e tante volte veramente sembra di parlare una lingua diversa.

Io cerco sempre di fare leva su quella che è la propria ambizione, l’amor proprio o anche semplicemente una passione, qualcosa che uno vuole realizzare. Io trovo tanto desolante vedere che oggi troppi ragazzi non hanno neanche un sogno, questo è triste.

Intervista a cura di Manuel Ardolino

I.I.S.S. Ambrosoli