Libero: Ai Weiwei in mostra a Firenze

Fino al 22 gennaio 2017 Palazzo Strozzi ospiterà “Libero”, una mostra del celebre Ai Weiwei, conosciuto da tutti se non altro per le sue continue campagne a favore della democrazia, spesso graffianti e provocatorie, che qualche anno fa gli sono perfino fruttate nel suo Paese d’origine, la Repubblica Popolare Cinese, una detenzione preventiva con tanto di pestaggio, oltre alla demolizione del suo studio appena costruito, con una scusa inventata, da parte del Governo; inutile dire che da queste esperienze negative Weiwei ha preso ispirazione per altre opere, ancor più ricche di quell’ironia caustica che è il suo marchio di fabbrica.
Quando si parla di Weiwei, si tocca un artista riguardo al quale perfino la critica ha due visioni diametralmente opposte, a causa delle sue azioni e delle sue opinioni spesso radicali. Per dirne una, Weiwei sostiene da sempre l’inesistenza dell’originalità (motivo per cui le sue opere partono sempre da oggetti già esistenti, reinventati e riplasmati dalla mente dell’artista).
Un esempio clamoroso di questa sua tecnica è l’installazione “Snake Bag”, facente parte di “Libero”, ovvero oltre 350 zaini bianchi e neri cuciti insieme a formare un serpente – zaini che simboleggiano quelli delle migliaia di studenti nella provincia cinese di Sichuan che morirono durante il terremoto del 2008 a causa della bassa qualità delle strutture scolastiche, dichiarate invece a norma dai funzionari statali. A questo episodio si collega anche l’opera, situata nella stessa sala, “Rebar and Case”, costituita da strutture lignee di varie forme geometriche e alcuni pezzi di marmo scolpiti a forma di barre d’acciaio, le stesse che formavano gli scheletri del cemento armato che non resse quel fatidico giorno.
L’opera che ha fatto parlare di sé più di tutte le altre, comunque, è senza dubbio “Reframe”, cioè i ventidue gommoni d’un rosso acceso che col loro vivido contrasto con la facciata di Palazzo Strozzi, su cui sono posti, ricordano con veemenza l’immagine dei cosiddetti “barconi”, simbolo di uno dei punti più critici del delicato momento geopolitico che stiamo vivendo in questi anni: la crisi dei migranti.
Perciò, anche se i metodi di Weiwei sono spesso estremi (in negativo, come le sue foto in cui deliberatamente distrusse alcuni vasi millenari), è vero anche che, se “il fine giustifica i mezzi”, la ragione per cui lui ricorre a tali metodi è sommamente giusta – il desiderio disperato di valori come democrazia, giustizia e uguaglianza, che spesso, sia in Cina sia nel resto del mondo, purtroppo, scarseggiano terribilmente.
Lorenzo Paciotti 4E