Una questione che pesa

 

Gabriele Tarantello Liceo Scientifico e delle Scienze Umane O.M. Corbino Siracusa

 

Cosa succederebbe se un giorno un chilo di pane pesasse un chilo e mezzo? Una domanda apparentemente senza senso, un chilo è un chilo! Per capire cosa sta accadendo è necessario spiegare, almeno per sommi capi, le definizioni delle unità di misura e come vengono calcolate. La Conference generale des poids et mesures (CGPM) è l’ente intergovernativo che si occupa di definire rigorosamente le unità del Sistema Internazionale di Unità di Misura (SI). Tutte le unità delle grandezze fondamentali del SI sono definite in termini di ripetibili e misurabili fenomeni fisici, tranne una. Mentre il metro è definito come la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo pari a 1/299792458 di secondo, il secondo è messo in relazione alla durata della radiazione dell’atomo di cesio133 e così via, il chilogrammo, l’unità fondamentale di misura della massa del SI, è definito come “la massa del prototipo internazionale del chilogrammo” il “Grand Kilo”, un cilindretto di altezza e diametro di 3,9 centimetri fatto di platino e iridio, realizzato nel 1875 e gelosamente conservato sotto una tripla campana di vetro nell’Ufficio Internazionale dei Pesi e delle Misure (Bipm) a Sevres, in Francia. Nonostante i suoi anni, il Grand Kilo è salito agli onori della cronaca solo di recente, quando Richard Davis, un fisico del Bureau, ha lanciato l’allarme: il cilindretto non pesa più un kg. Certo, la perdita di massa è infinitesimale, circa 50 miliardesimi di kg, un “dimagrimento” sufficiente però a creare subbuglio nel mondo scientifico. Può sembrare un problema da poco per chi non si occupa di scienza e ingegneria, ma non lo è affatto. Basti pensare che l’efficacia delle marmitte catalitiche viene valutata misurando la quantità di sostanze inquinanti che trattengono in microgrammi: è solo un esempio per capire come anche dal punto di vista legale sia importante avere unità di massa affidabili. L’ipotesi più accreditata, riguardo la perdita di peso, è quella secondo la quale il Grand Kilo avrebbe rilasciato col tempo l’idrogeno rimasto “intrappolato” negli interstizi del materiale durante la sua realizzazione, perdendo così parte della propria massa. Fisici di tutto il mondo stanno quindi lavorando per trovare una nuova definizione di chilogrammo che non sia legata a un oggetto ma a una costante fisica, cioè ad uno di quei numeri che sono sempre uguali in tutto l’Universo. Uno dei più promettenti candidati per rimpiazzare il prototipo internazionale è la misura della costante di Planck, indicata con h, che mette in relazione la frequenza di un fotone, la particella di cui è costituita la luce, con la sua energia (E=hν) e che svolge un ruolo fondamentale in tutta la teoria della meccanica quantistica. La miglior misura della costante di Planck attualmente disponibile è stata ottenuta dal National Research Council del Canada, con un’incertezza di 19 parti per miliardo. Inoltre, lo statunitense National Institute of Standards and Technology (NIST) ha da poco realizzato una misura compatibile con quella canadese, con un’incertezza di 34 parti per miliardo e si propone di fare ancora meglio. Il NIST dovrebbe riuscire entro l’anno prossimo a calcolare nuovamente e con maggiore precisione la costante di Planck, facendo scendere l’incertezza sotto la soglia di 20 parti per miliardo richiesta dal CGPM. Se l’istituto statunitense dovesse centrare questo obiettivo, già nel 2018 i tempi potrebbero essere maturi per avere una nuova definizione di chilogrammo e mandare in pensione il prototipo internazionale dopo tanti anni di onorata carriera.