Ritorno alla terra. Storia di Antonio, contadino 4.0

 

Di Christian Aversa

Antonio Russo è un giovane di 26 anni di Piano di Sorrento. Sogna di fare l’agricoltore in quelle terre famose per gli agrumi e le noci ma ogni giorno è costretto a sbattere contro delle norme antiquate e logoranti che rischiano di far sparire pian piano il vanto sorrentino.

La prima cosa che balza all’occhio è la scritta bianca in ferro battuto che sporge in rilievo sul cancello verde; una sola parola, calda e accogliente: WELCOME. Ad attendermi all’entrata è Antonio Russo, un giovane di 26 anni che coltiva un piccolo appezzamento di terra a Petrulo, Piano di Sorrento. Gli stringo la mano, robusta e callosa, ben diversa dalla maggior parte dei suoi coetanei e mi guida all’interno del suo orto. ” Ti ho pure preparato una cosa” dice, mentre mi mostra un tavolo con sopra biscotti e una brocca di aranciata: una bella colazione tra le colline che si affacciano sul mare e il vento che soffia leggero e fresco. ” Ma è tutto di tua proprietà questo terreno? ” gli chiedo. “No, sono in affitto da una signora. Ho circa cinquemila e ottocento metri quadri, tra qui e gli altri appezzamenti qua intorno” mi risponde, indicandoli con le mani. Ci sediamo su una panchina nel giardino: ” Allora Antonio, parlami un po’ di questo tuo sogno di fare l’agricoltore, abbastanza inusuale tra i giovani della tua età.” ” Ho sempre avuto il sogno di lavorare la terra, di vivere a stretto contatto con essa. La mia idea di agricoltura è la Permacultura, una sorta di etica della terra e della persona. Si basa sul rispetto della natura, delle risorse, sul non produrre rifiuti e non inquinare. È un nuovo modo di coltivare. Per esempio, il contadino classico di Sorrento, una volta che pota un albero, poi brucia i rami; io invece li prendo e li do alle pecore che ne mangiano le foglie, poi li metto nel bio-trituratore, diventano concime e infine li uso nell’orto. Tutto a rifiuto zero”. Si ferma un attimo, abbassa lo sguardo. Nei suoi occhi si legge tutta la determinazione che spinge un giovane della sua età a intraprendere uno dei più umili mestieri. “Sai – riprende – io voglio vivere di quello che produce la terra ma il problema è che purtroppo nessuno più ci crede, nessuno è disposto a mettere un terreno nelle mani di un lavoratore, meno che mai se questo è un giovane. Il Sorrentino medio che ha un terreno preferisce lasciarlo incolto piuttosto che affidarlo a qualcuno che glielo coltivi. Gli stessi contadini ormai hanno perso il vero legame con la terra. E sai perché? Perché sono stati imbrogliati per troppo tempo dalla burocrazia e dalla grande distribuzione di massa.” “Fammi un esempio pratico di questi impedimenti.” “Allora, io voglio sistemare delle baracche che ho nel giardino perché ormai sono vecchie e lacere. Non voglio costruire niente, voglio solo sostituire queste capannette con delle casette di legno prefabbricate di IKEA. Il Comune non mi vieta di farlo, ma mi dice che è necessaria l’autorizzazione paesaggistica, il progetto certificato e altri vari permessi. In sostanza ci vogliono due/ tremila euro per poter mettere un capanno degli attrezzi a norma. Per il Comune, che io voglia mettere una capanna in legno e materiali riciclati o costruire un grattacielo di cemento, è la stessa cosa.

Il suo parlare è prorompente e continuo, impetuoso come una tempesta che sbatte sulle scogliere e sembri non finire mai, immagine più che mai adatta a questa terra, divisa tra mari e monti che hanno dato la vita a generazioni di naviganti che hanno segnato i corsi degli oceani e della storia. Antonio è un fiume in piena, non si ferma, mi anticipa e non mi dà neanche tempo per fargli delle domande. Sono la passione e la fiducia nelle sue idee che lo spingono a continuare, con quella testardaggine propria del contadino sorrentino, più dura della terra che zappa tutti i giorni. Continua: “Ed è naturale che poi un contadino si scoraggi, soprattutto un giovane come me che ha poca esperienza. Un’ altra cosa che purtroppo ha causato l’ abbandono dell’ agricoltura è stata questa: il contadino sorrentino quando faceva il raccolto lo portava direttamente al mercato e in questo modo faceva arricchire chi poi smerciava il prodotto. Perché io, contadino, devo vendere un chilo di patate a dieci centesimi a te, intermediario, che poi lo venderai a due euro? ” Si alza dalla panchina e mi invita a vedere l’ orto. È tutto pulito e organizzato secondo le regole della Permacultura che Antonio mi spiega passando tra filari e solchi. ” Chi compra direttamente il raccolto da me – continua –  mi sta aiutando a realizzare la mia idea di agricoltura sostenibile, rinnovabile e non inquinante. Io ho forti ideali, ma ovviamente se non trovo qualcuno che mi dà una mano rimangono idee e non fatti. E sai la cosa assurda qual è? Che se io avessi chiesto un terreno a qualsiasi proprietario o contadino locale, nessuno me lo avrebbe concesso. Io adesso coltivo questo appezzamento perché è di una signora svedese di nome Britt, perché è l’ unica che crede in me e mi vuole sostenere. Si comporta come una madre verso il figlio e non come il padrone verso il colono. Se fosse stata sorrentina non me lo avrebbe permesso. ” Dalle parole di Antonio si capisce come il problema sia non solo la burocrazia, ma anche la mentalità locale che impedisce ad un giovane di realizzarsi nel suo lavoro e soprattutto di innovare e portare nuove idee. ” Guarda – mi dice indicando un filare di verza – questa la coltivo senza alcun prodotto chimico. Ho in mente di usare coccinelle e rane per eliminare gli insetti e i parassiti che infestano l orto.” ” È un progetto ambizioso, come hai intenzione di portarlo a termine? ” ” Sto studiando ma vorrei realizzarlo il prima possibile. Ho saputo che una persona a Castellammare ci è riuscita, quindi posso provarci e riuscirci anche io. Basta impegnarsi, poi tutto si realizza” “Sei una persona caparbia. Hai mai trovato qualche ostacolo che non sei riuscito a superare e ti ha portato via molto tempo?” ” Quando ho iniziato, questo terreno era tutto incolto, guarda ora invece com’è. Sono passati quattro anni, gli ostacoli li supero e il tempo cerco di non sprecarlo mai. L’agricoltura richiede tempo, e se non la segui costantemente puoi perdere tutto quello che hai ottenuto con molta fatica. Ti faccio un esempio personale: io lavoro alle Axidie e soprattutto in estate non ho il tempo di venire a controllare l’orto. Quando a settembre sono salito a vedere in che condizioni fosse, ho trovato tutte le piante secche e il giardino pieno di sterpaglie. Ho avuto vari attacchi di panico nella stessa giornata. È stato in quel momento che ho pensato  – ‘ è meglio avere un lavoro sicuro o un sorriso sicuro?’ – continuare con uno stipendio fisso e certo o provare a fare quello che io veramente voglio? Così ho rassegnato le mie dimissioni“. “E a chi ti dice – ‘ Antonio ma così facendo lasci uno stipendio sicuro ‘- come rispondi?” ” Rispondo che ha ragione. Io lascio il mio lavoro stipendiato, è vero… Ma perché non provare a inseguire il mio sogno?”. La mia visita è finita, ci avviamo all’ uscita. Noto una vasca da bagno in un angolo, in pessime condizioni e bucata sul fondo. ” Antonio, e questa vasca? È vecchia e rotta, perché la conservi invece di buttarla?” ” Ma allora cosa hai capito della mia idea di Permacultura? – risponde con tono ironico – la userò come vasca per un lombricaio. Proprio perché è rotta, vecchia e bucata io la riutilizzo. Che senso avrebbe comprare una vasca nuova? Meglio riciclare quello che già ho a disposizione.” Rimango zitto, mi ha tolto le parole da bocca. Coerenza, passione e anche una buona dose di coraggio sono alla base delle scelte di Antonio e di chi, come lui, tenta in ogni modo di realizzare il proprio sogno, lottando contro burocrazia e mentalità conservatrice, per dimostrare che i giovani hanno voglia di fare e di sporcarsi le mani.