Siamo ancora capaci di pensare?

Già da qualche anno, siamo circondati da ogni forma di tecnologia. Ci chiamiamo “nativi digitali” perché riusciamo ad usare qualsiasi nuovo strumento e sistema multimediale, ma siamo sicuri di essere così esperti? Ognuno di noi è dotato della più alta innovazione tecnologica che sia mai esistita, del più complesso sistema di ricerca mai creato, ma che in pochi riescono ad usare correttamente: il nostro pensiero. Usare il pensiero vuol dire riflettere. Riflettere vuol dire non farsi schiacciare, essere liberi di dire di no, di pensare senza essere condizionati dagli altri, ma per riuscirci dobbiamo essere aiutati, dobbiamo essere istruiti, dobbiamo possedere un bagaglio di cultura che ci permetta di farlo. Riflettere e “sapere” non significa provare un senso di potere quando, durante una cena a Parigi, ti definiscono “siciliana mafiosa”, è provare vergogna per essere nata nella stessa regione di Riina che bruciava i bambini nell’acido, è guardare in faccia chi ti ha insultato e rispondere: “Falcone, Borsellino, Impastato, Grassi, sono siciliani, quindi se vuoi aggiungere una definizione accanto al mio luogo di provenienza, devi dire che sono figlia di questi eroi”. Ma chi sono io per sostenere questo? Solo una ragazza che ha continuato a mangiare in silenzio, fissando il proprio piatto ancora pieno. Il pensiero e l’istruzione potrebbero essere, se usati, armi di distruzione di massa, di quelle masse malavitose che si chiamano “Camorra” o “Ndrangheta”. Potrebbero esserlo, ma non lo sono, perché non vengono usati, forse per paura, forse perché chi vorrebbe usarli ha visto che chi ci ha provato è finito sotto scorta o sotto terra. È per questo che la corruzione ancora oggi ci logora, perché i politici non hanno timore. Se qualcuno chiedesse loro cosa li spaventa di più, magari non lo ammetterebbero mai, ma più “pericoloso” di un popolo felice, c’è solo un popolo pensante. Perché? Perché riflessione e cultura non vogliono dire accettare passivamente la coalizione dei partiti che ci fanno credere di essere in democrazia e si comportano da tiranni, è ribellarsi contro chi, nel 2018, parla ancora di “razza bianca” o contro quei politici che promettono soldi in cambio del voto alle elezioni, ma che non accennano alla loro intenzione di abolire e di tagliare i fondi per le istituzioni anti-mafia. Quindi, magari, se riuscissimo a pensare con la nostra testa, senza farci perennemente annebbiare la mente dal mondo di internet, potremmo”spogliare” la violenza, la malavita e la prepotenza da ogni loro forza.

 

Benedetta Licciardello IV As