Il dissenso c’era anche prima

‹‹Dalle donne dello spettacolo a tutte le donne. Unite per
una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che
rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini››. È così
che si apre la lettera-appello firmata pochi giorni fa da 124
donne del cinema italiano tra cui attrici, registe e
sceneggiatrici per contestare il sistema di molestie che si
nasconde, ancora oggi, dietro il mondo del lavoro. Tra le
firmatarie compaiono i nomi di Ambra Angiolini,
Cristiana Capotondi, Paola Cortellesi, Valeria Golino e
molte altre, insieme non per puntare il dito ‹‹contro un
singolo “molestatore” ››, ma per esprimere il loro dissenso
comune contro un fenomeno ormai divenuto trasversale,
‹‹è sistema appunto›› , si legge verso la fine della letteramanifesto.
È infatti davvero sconvolgente il numero di donne vittime di molestie sul posto di lavoro che a
partire dal rinomato caso del produttore cinematografico Harvey Weinstein, travolto da una pioggia di
accuse a sfondo sessuale, hanno avuto finalmente la forza – e il coraggio- di parlare. Ma lo scandalo non ha
segnato solo il mondo dello spettacolo americano: l’ondata di denunce ha scosso anche istituzioni e partiti
politici di diversi Paesi, dal caso del National Front francese, che avrebbe coperto alcuni dei suoi dirigenti,
a quello del deputato conservatore inglese Charlie Elphicke, sospeso dal partito in seguito a gravi accuse. E
adesso il fenomeno ha raggiunto anche l’Italia, con il caso del regista Fausto Brizzi denunciato da 15
aspiranti attrici. È in questo clima che nasce la lettera del Dissenso comune: una giusta volontà di dire basta
ai soprusi e gli abusi di potere nei confronti delle donne, assente però –e c’è da dirlo, purtroppo- di un
risvolto concreto. Dire che ‹‹è successo a tutte noi con modi e forme diverse››, scegliendo poi
volontariamente di non ‹‹circoscrivere il problema a un singolo molestatore che viene patologizzato e funge
da capro espiatorio››, ma accusando bensì un ‹‹intero sistema››, oltre che presentare un fatto gravissimo,
rende vana la stessa scrittura della lettera. Qual è contributo effettivo di questo appello? forse verrebbe da
chiederci. E sono in molti sui social a pensarla così, tra cui anche Miriana Trevisan e Asia Argento, la cui
assenza come firmatarie si fa sentire. ‹‹Certamente non rappresenta nulla di tangibile per cambiare il sistema
su cui puntano il dito. Non denunciando i colpevoli, non avendo un piano d’azione concreto, non aderendo
alla marcia delle donne, mi sembra che stiano solo lavando le loro coscienze per questi quattro mesi di
silenzio assordante sul movimento #MeToo››, ha dichiarato quest’ultima in un’intervista a Hollywood
Reporter. Un manifesto che risulta quindi contradditorio, perchè pur trasmettendo da un lato la più che giusta
volontà di denunciare il gravissimo fenomeno, dall’altro nasconde una paura, la stessa che si dice di non
avere: quella di fare i nomi. Come si può sovvertire un intero sistema temendo di nominarne i responsabili?