Il ponte Morandi: una tragedia genovese.

Intervista al parroco di Sturla, Don Valentino Porcile.

di Stefano Memore

 

La tragedia del crollo del ponte Morandi, avvenuta il quattordici agosto, ha colpito moltissima parte della popolazione genovese. C’è chi non ha più una casa, chi è costretto a compiere viaggi interminabili per andare a lavorare e soprattutto, purtroppo, chi ha perso qualcuno di caro in quel giorno funesto. Il parroco della chiesa “SS. Annunziata di Sturla”, Valentino Porcile, conosce persone che hanno subito un lutto in famiglia e a cui ha dato sostegno morale. Inoltre, assieme ad alcuni volontari, ha aiutato economicamente per quanto possibile le famiglie sfollate.

-Come hai reagito al crollo del ponte? Ti trovavi in città?

-Ero fuori Genova ed ero transitato poche ore prima sul ponte. A un certo punto, ho ricevuto una telefonata da cui ho appreso il crollo. Inizialmente ero incredulo perché mi pareva impossibile che una struttura così imponente potesse aver fatto quella fine. In seguito ho iniziato a ricevere innumerevoli messaggi e anche una foto e mi sono reso conto che il danno era enorme perché il ponte era crollato sulle case.

 

-Conosci della gente che è stata coinvolta nel crollo del ponte?

-Purtroppo sì. In particolare conoscevo una persona che lavorava all’AMIU che, al momento della tragedia, si trovava proprio sotto il ponte e non è riuscito a salvarsi. È anche rimasto vittima del crollo il padre di una famiglia deliziosa  di cui avevo fatto conoscenza quando ero parroco a Cornigliano. Conosco anche qualche sfollato perché ho collaborato con una parrocchia della zona quando andavo ad aiutare i terremotati di Amatrice.

 

Come hanno reagito i parenti e gli amici di queste vittime?

-I parenti e gli amici delle vittime sono rimaste, come me, increduli da questo fatto.
Perdere un parente in questo modo non sembra quasi possibile.

 

Come è cambiata la tua vita?

-La mia vita, come quella di molte altre persone, è diventata meno sicura. Sappiamo tutti che la tragedia del ponte Morandi è stata un caso che non si poteva prevedere, tuttavia le strade mi appaiono meno sicure. È questione di pochi secondi, ma l’immagine di quel giorno continua a tornarmi nella mente come un flash.

 

In che modo tu e gli altri volontari avete aiutato gli sfollati?

-Agli sfollati abbiamo dato soprattutto sostegno morale perché alla parte economica ha pensato lo Stato. Comunque un aiuto materiale lo abbiamo donato lasciando ai bar della zona dell’Ikea dei fondi che gli sfollati potevano utilizzare per mangiare qualcosa.

 

 

Il ponte del futuro