Intelligenza artificiale sì o no?

Dall’avvento al suo sviluppo, Internet ha cancellato qualsiasi confine e costituito nuove modalità di produzione e utilizzazione della conoscenza, sfruttando l’interdisciplinarità e l’unione tra differenti scienze.

Non solo, la rete ha anche portato diversi cambiamenti nei processi di comunicazione e strutturazione della propria identità. E se alle origini la tecnologia era considerata come una lingua straniera, oggi si può affermare che ha completato il suo processo di umanizzazione.

“Chiama Marco”, “Spegni la lavatrice”, “Metti una canzone romantica”: sono questi alcuni degli infiniti comandi che si possono impartire a un dispositivo che sfrutta l’intelligenza artificiale.

Ma di cosa stiamo parlando?

L’intelligenza artificiale, comunemente indicata con la sigla IA, è la disciplina che si occupa di creare prodotti che aiutino l’uomo nel quotidiano attraverso l’unione di informatica, meccanica e progettazione.

Degli esempi? Il negozio senza dipendenti Amazon Go, che sfrutta sensori di ultima generazione per scalare il conto della spesa dalla carta di credito, prevenire episodi di furto e avvisare il magazziniere in caso di scarseggio di prodotti.. o il guanto progettato dai due studenti italiani che converte i movimenti dei non vedenti in parole emesse da uno smartphone o le app per spegnere le luci, bloccare la lavastoviglie o ricaricare il cibo della mascote in un solo click e a distanza!

Ma tutti questi dati dove vanno a finire? O meglio, chi viene a conoscenza della nostra privacy, dei nostri spostamenti e delle nostre abitudini?

Sebbene Westin nel 1970 dichiarò la sua teoria di sfera privata, definendola come “rivendicazione di un individuo del diritto di determinare autonomamente quando, come e in che misura l’informazione sia comunicata agli altri, uno studio pubblicato sulla rivista Forbes ha fatto insospettire circa l’acquisizione e uso dei dati da parte di strumenti IA.

Secondo Forbes, infatti, nel tentativo di captare i nostri comandi, le società potrebbero registrare le nostre conversazioni e favorire il profilare di dati nel … dark web.

Tutelarsi sì.. o no?

Un consiglio è dato da Pam Dixon, CEO di World Privacy, che ritiene il buon senso antibiotico al furto di dati.

Ma a tutelare il diritto di privacy dei cittadini ci pensano anche le istituzioni attraverso leggi e riforme. Tra le più recenti il regolamento europeo GDPR e la Dichiarazione dei Diritti in Internet, primo documento europeo approvato il 28 luglio 2015.

Tali documenti sono strumenti indispensabili per dare fondamento costituzionale ai principi e al diritto di privacy nella dimensione sovranazionale in una società che ha ormai i dispositivi incorporati fisicamente, in tasca e nelle orecchie.

 

di Paolo Ferrara