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Io, tu e qualche assolo dei Velvet Underground – Racconto

“Shiny, shiny, shiny boots of leather…” Adrian mi strappò l’auricolare dall’orecchio e la gettò sul tavolo.
“Lo sai che me ne s’è già rotta una di cuffia, no?” lo rimproverai. “Mi rimane solo questa”.
Lui non disse nulla. Abbassò gli occhi verso la borsetta grigia che teneva da qualche giorno nella tasca del cappotto e ne tirò fuori una sigaretta, la infilò tra le labbra, muovendola su e giù un paio di volte con gli incisivi ed infine l’accese.
Io ripresi l’unico auricolare dal tavolo e me l’appoggiai nuovamente sull’orecchio.
“Lo sai che non si può fumare qui? Manderanno qualcuno per farti uscire”
“Vuol dire che parleremo da un’altra parte, altrimenti. Intanto, finché qualcuno non ci butta fuori a calci, io fumo”
“…whiplash girl child in the dark”
“Non mi far arrabbiare. Dai, togliti quell’affare dall’orecchio”
“Tranquillo, ti sento lo stesso. Parla”
Adrian si avvolse gli occhi e il naso tra le mani, facendo saltellare sulla bocca la sigaretta accesa, con tanto di nuvoletta grigia.
“…è successa una cosa. Mia madre è all’ospedale”
“(Comes in bells, your servant, don’t forsake him…) Mi dispiace, cos’è successo? Adesso come sta?”
“No, tranquillo, niente di grave. Ha solo il ginocchio un po’ ammaccato, ma sta bene”
“Oh, allora perché questa faccia da pesce lesso?”
Incrociò le braccia, allargandosi sullo schienale della sedia, che intanto scricchiolava.
“Non è la prima volta che scivola per casa. La prima volta è stata qualche settimana fa, prima di Natale, e poi è cascata altre tre o quattro volte negli ultimi giorni. Sta facendo avanti e indietro dal pronto soccorso”
“…strike, dear mistress, and cure his heart”
“Mi ascolti o no?”
Lo guardai dritto negli occhi. “Sì, sì…sì. Quanti…quanti anni hai detto che ha tua madre?”
“Non l’ho mai…”
“Ehi, ehi, non è che puoi offrirmi una sigaretta?”
“Ho detto…”
“Tanto vale fumare, nessuno viene a dirci nulla” mi girai un paio di volte verso la porta della cucina.
“Mi ascolti o no? Ho detto, ho detto che non ti ho mai detto quanti anni ha”
“Sì, certo. Lo so. È solo… è solo un modo di dire, beh…”
“Cosa… beh?”
“Beh… quanti anni ha. Sarà anziana, ormai. È normale che a questa età si abbia un po’ di acciacchi”
“Hai ragione. Ma è anche vero che alla sua età…”
“Quanto?”
“Ottanta… ottantuno, mi sembra. Forse ottantadue. Fatto sta che alla sua età è normale che ci sia qualcuno, giorno e notte, che ti aiuta, ma lei dice che non ne ha bisogno: che è autosufficiente”
“(Severin, Severin awaits you there) …una badante, insomma”
“Una badante, certo” soffiò un’altra nuvoletta grigia.
“Allora, mi allunghi o no una sigaretta?”
“Ma mi ascolti? Sembra che tu stia pensando solo alle sigarette. Cioè… io ti ho detto di incontrarci qui perché volevo parlarti di una cosa seria e tu mi chiedi se posso offrirti una sigaretta?”
“…a thousand dreams that would awake me” mi strappò un’altra volta l’auricolare dall’orecchio, facendolo cadere sul tavolo.
“Allora! Lo rompi! Ho capito… ho… ho capito. Tua madre è caduta ancora, e ancora, e ancora, e ancora…”
“…è stato un errore farti venire qui”
“…e ancora. Non me ne può fregare di meno se tua mamma c’ha il ginocchio ammaccato. Adesso mi passi una sigaretta?” poi riafferrai l’auricolare e lo appoggiai nuovamente sull’orecchio.
Adrian dondolò per qualche secondo sullo schienale della sedia, che nel mentre scricchiolava, osservandomi con la sua Malboro non più in bocca ma tra il dito indice e il medio, mentre si mordeva il labbro. Poi mi allungò quella stessa sigaretta.
“Tieni, tanto sto cercando di smettere. Non si sa mai che possa arrivare una malattia ai polmoni da un giorno all’altro” l’afferrai e me la rinchiusi tra i denti.
“Mmh, mmh, va bene” risposi io proprio sull’ultimo -shiny leather- della canzone. Presi il Times che stava alla sinistra del tavolo ed iniziai a sfogliarlo. Quando alzai lo sguardo Adrian se ne stava andando dalla porta a vetri del bar infilandosi il cappotto, dopo aver lasciato qualche dollaro per la mancia, proprio accanto alla tazzina del suo caffè e ad un cucchiaino sporco di zucchero. Tirai su col naso. Poi presi la sigaretta dalla bocca e soffiai. Un’altra nuvoletta grigia. Schiacciai i resti di cenere della sigaretta nella tazzina.
“Mmh, gli Yankees hanno vinto l’ultima partita contro i Cubs” dissi tra me e me tirando su col naso (ancora). In realtà non sapevo un granché di baseball, né m’interessava saperne. Su quel Times del giorno prima la pagina dello sport era occupata solo da baseball, baseball… baseball. Oltre al baseball forse ci sarebbe potuta essere di più interessante solo la morte dell’ultimo attore o vip. Niente anche di quell’argomento. Il resto mi ha sempre annoiato: politica, cronaca (di tutti i tipi)…
perfino il racconto di Adrian su sua madre che era all’ospedale poteva essere più interessante dell’ultimo figlio di quell’attore che faceva quel bel personaggio in quel filmetto che avevano passato giorni prima su quel canale a quell’ora precisa… in cui io quasi sicuramente ero a bermi un caffè nel solito posto, al contrario di qualsiasi altra persona, ascoltandomi la solita canzone dei Velvet Underground. La verità è che non m’importava di nulla, e sono sicuro (almeno per il momento) di aver fatto la scelta giusta in questi ultimi anni. Magari mi sbaglio, eh, chi sa; per il momento stavo soltanto godendomi il retrogusto della sigaretta.
Edoardo Merlini / Liceo Classico Galileo di Firenze