Tra cielo e mare – Racconto

Le voci sull’avvistamento di un vascello fantasma si erano diffuse già da qualche tempo.
Personalmente non avevo dato molta importanza a quelli che secondo me erano semplicemente dei racconti “da marinaio”, eppure c’era qualcosa di misterioso che mi attraeva e mi incuriosiva, avevo persino sperato che quei discorsi fossero veri!
Cominciai a fare domande sui luoghi dell’avvistamento, sulle caratteristiche di questo fantomatico vascello e su tutto quello che riguardava questa strana vicenda… La fortuna volle che la nave comparisse in una serata avvolta dalla nebbia, vicino alle coste del paese in cui abitavo: non potevo farmi sfuggire l’occasione!
Aspettai che fosse notte. Intorno a me regnava il silenzio, pareva che anche il mare avesse perso la sua voce. Non riuscivo neppure a distinguere la sottile linea dell’orizzonte che spesso nelle notti di solitudine, osservavo immaginando di scorgere “una porta” tracciata su di essa che aprisse spazi sconosciuti dentro di me.
Decisi di imbarcarmi in questa avventura, presi in prestito una piccola barca di legno… una barca che aveva una storia particolare, si chiamava Caronte. A volte è strano pensare a come un semplice nome possa racchiudere tutto il senso che io stessa affidavo al mio estremo bisogno di essere traghettata, trasportata in un mondo altro, lontano dalla realtà e dalla superficie delle cose. Quella barca aveva rappresentato per me il tramite grazie al quale avevo instaurato un rapporto speciale con il mare, da allora al timone c’ero io, io e soltanto io.
La notte era tranquilla, il cielo stellato e il mare calmo. Riuscii, una volta a bordo, a individuare chiaramente da lontano il vascello, la nebbia si era improvvisamente diradata.
Sui flutti fluttuanti, fluttuavo, io, tra cielo e mare, mentre la barca procedeva lenta, quasi avesse paura di ferire con il frastuono del motore l’incanto di quella serata.
Come su di un manto vellutato la barca avanzava leggera, delicata, attenta a non tagliare o sfregiare quel tessuto impreziosito da cristalli, dalle luci del plancton che si amalgamavano con i bagliori delle stelle. Tra cielo e mare.
Di fronte a me apparve la nave imponente, un po’ vecchio stile, con tre alberi, vele maestose simili ad una caravella.
Man mano che mi avvicinavo notai che quella sorta di nube che solitamente avvolge tutto ciò che vi è immerso, sembrava proteggere il vascello e al suo interno cadeva un pulviscolo di piccole luci, ma la luce più intensa e profonda era quella che accendeva la mia curiosità.
Stranamente infatti non provavo paura, anzi ero rimasta quasi ipnotizzata sia dai bagliori sia da quell’atmosfera evanescente.
Salii a bordo, tutto era pulito e ordinato, gli ottoni erano lucidi e niente lasciava pensare che vi abitassero fantasmi: ero sempre più convinta che le voci che si erano diffuse nel paese erano solo fonte di pregiudizi.
Mi aggiravo sul ponte come se io stessa fossi un fantasma, leggera come se stessi fluttuando o nuotando perché le ali o le braccia si muovono allo stesso modo in aria così come in acqua.
Come guizzi dei pesci che dall’acqua si protendono verso il cielo. Tra cielo e mare.
Alzai lo sguardo e con gli occhi disegnai percorsi astrali tra le stelle e mi sedetti su quei carri luminosi che come navi solcano i cieli.
Udii un sibilo che mi scosse e sembrava mescolarsi alla voce familiare del mare che aveva ricominciato a sussurrare parole ammaliatrici. Come il canto delle sirene fui attratta in un luogo dal quale provenivano altre voci, mi accorsi così di non essere sola.
Mi avvicinai e scesi le scale che conducevano alla stiva senza che i miei passi sul legno producessero sinistri scricchiolii e scorsi attraverso la fievole luce di un lume le sagome di alcuni individui riuniti attorno ad un tavolo sul quale riconobbi le mappe; prestai attenzione a quanto si stesse discutendo: su rotte, terre, galassie, stelle, pianeti, mari e cieli… Rimasi ad osservare cercando di capire, quando…
– Ti starai chiedendo chi siamo, siamo anime in viaggio, in perenne viaggio, la nostra vita non è bastata per soddisfare la nostra voglia di conoscere, scoprire, osservare e inventare –.
Dietro di me si era materializzata una figura, una figura che non mi incuteva alcun timore, come se l’avessi già conosciuta, e, come solitamente faceva il mare, mi aveva mormorato queste parole all’orecchio.
Entrammo insieme nella stiva e fui presentata come una di loro.
– La curiosità e la brama di conoscenza ti hanno spinta oltre alla porta del verosimile che si è spalancata di fronte a te, in questo modo puoi conoscere la verità: la morte non cancella tutto, le nostre esistenze hanno tracciato rotte che conducono alla memoria. Le nostre anime si sono incontrate ancora in un unico luogo: noi siamo i grandi esploratori e viaggiatori della storia, siamo coloro che hanno scoperto nuove terre, che hanno fondato città dopo un lungo viaggio o che da esse sono partiti per far ritorno ai luoghi natii. Di noi si è scritto e narrato, si è cantato le nostre gesta. Quello che è sopravvissuto di noi è il senso, la sfida, il desiderio di andare oltre quegli orizzonti. Tra cielo e mare.
“Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.
Insieme solcheremo mari e cieli per far tesoro di ciò che non conosciamo. Vuoi unirti a noi? –
Partimmo, e “facemmo dei remi, ali al folle volo”.

Rachele Nigi
Classe / Liceo Classico Galileo di Firenze