Hunga Tonga, l’isola venuta dal nulla

Nel corso dell’ultimo mese del 2014, un vulcano sottomarino nel Regno di Tonga nel Sud Pacifico ha eruttato un violento flusso di vapore, cenere e roccia nell’aria. Quando poi nel 2015 la cenere si è stabilizzata, tra due isole già esistenti e disabitate, ne è apparsa una terza: Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, per gli amici solo Hunga Tonga. L’isola, secondo gli studi che erano stati già condotti al tempo, sarebbe dovuta scomparire nell’arco di pochi mesi e invece, come ben possiamo constatare noi stessi oggi, non è ancora sprofondata seppur siano passati ben quattro anni. E c’è di più: infatti secondo recenti analisi affrontate dalla Nasa, l’isola potrebbe continuare a restare visibile per un periodo di tempo dai 6 ai 30 anni. Non è moltissimo e le speranze che la sua durata di vita aumenti ulteriormente non sono molte. Lo scienziato Slayback del Goddard Space Flight center della Nasa in Greenbelt insieme ai ricercatori e studenti della barca South Pacific della Seas Association sono riusciti in ottobre a sbarcare sull’isola, impresa che fino ad ora non è stata affatto facile a causa della potenza delle onde e dell’impossibilità di poterla raggiungere con qualsiasi mezzo, e di conseguenza hanno potuto approfondire quella ricerca che fino ad allora avevano potuto condurre solo dallo spazio: e purtroppo, dalle loro analisi, hanno rivelato che l’isola si sta erodendo molto più velocemente di quanto si sarebbero aspettati. Negli ultimi 150 anni, solo tre isole vulcaniche sono emerse in questo modo e sono sopravvissute per più di qualche mese: la più famosa tra queste è Surtsey, che apparve al largo della costa meridionale dell’Islanda durante un’eruzione iniziata nel 1963.
Ma a prescindere da questo, la cosa che più rende speciale questo pezzettino di Terra è il fatto che al suo interno, nel giro di pochissimi anni, sembra essersi creato un proprio ecosistema. Gli scienziati che sono giunti sulle sue coste semplicemente per poter fare foto e analisi con il gps per ricostruire dopo l’isola in 3D così da mapparla completamente, si sono ritrovati davanti a uno spettacolo meraviglioso e inaspettato. “Eravamo tutti come ragazzini emozionati” ha riferito Dan Slaybackin. In un blog della Nasa, lo stesso ricercatore ha anche annunciato la triste storia sulla prossima morte di questo intero habitat. Spiega infatti che l’isola, oltre al presentarsi non così tanto piatta come si credeva nel 2015, è apparsa popolata di piante, fiori, macchie di vegetazione nate grazie agli escrementi di uccelli che hanno diffuso semi, gruppi di uccelli marini come le sterne e perfino un barbagianni. Lo scopo della visita era così diventato quello di raccogliere quante più informazioni possibili su come rare isole vulcaniche nascano e su come possa nascere la vita laddove prima non c’era niente: questo permetterebbe di poter comprendere, partendo dalla Terra, quello che potrebbe accadere su Marte, per esempio a livello delle falde acquifere, in un pianeta che anche solo per il paesaggio si presenta non molto dissimile da quest’isola. Grazie alla autorità locali, che hanno permesso di raccogliere rocce, reperti vari e di fare diverse misurazioni per studiare l’evoluzione e la vita di questo habitat, tutto questo è stato reso possibile: ma la sfida non è finita qui. Infatti bisognerà raccogliere tutti i dati necessari al più presto possibile, prima che “l’isola che non c’era” torni ad essere la “seconda stella a destra”.
Ginevra Comanducci / Liceo Classico Galileo di Firenze