«Ehy, ci sono anche io!»

Tutto è iniziato ben cinque anni fa, nel 2014. Nel settembre di quell’anno è stato dato inizio alla missione americana K2, la quale consisteva nel lancio del telescopio spaziale Kepler per la ricerca e l’eventuale scoperta di nuove aree spaziali, durante diversi cicli di osservazione ognuno di tre mesi di durata. Tutto sembrava esser filato liscio fino all’ottobre 2018, mese in cui la NASA ha deciso di concludere il progetto spegnendo il dispositivo. E invece mancava qualcosa. Si è infatti notato come, nonostante il software del telescopio sia stato aggiornato più volte nel corso del tempo, i dati dei primi giorni di ogni ciclo siano stati scartati e poi, solo in un secondo momento, raccolti e analizzati, seppur parzialmente. Tali dati sono poi stati aggiunti a un particolare programma chiamato Exoplanets Explorers. Che tipo di programma è? Contenuto anche sulla piattaforma online Zooniverse, esso permette a centinaia e centinaia di semplici appassionati di spazio sparsi in tutto il mondo di poter studiare parte dei progetti a cui lavorano anche i più importanti enti di questo settore e, tramite diverse immagini, individuare la presenza di possibili esopianeti. E pare che siano stati questi volontari ad avere notato, tra i moltissimi dati che comunque Kepler aveva raccolto, gli indizi necessari per scovare un pianeta nascosto in uno dei sistemi spaziali che il telescopio aveva preso in esame: si tratta del sistema di K2-288B, una stella che si trova nella costellazione del Toro a circa 226 anni luce dalla Terra e che ha una massa e una dimensione pari a circa un terzo di quelle del Sole. Essa fa parte di un sistema binario, insieme a un’altra nana rossa leggermente più grande. Già nel maggio del 2017, a dire il vero, lo stesso gruppo di ricerca aveva avanzato l’ipotesi dell’esistenza di K2-288Bb, in quanto dai dati riportati da Kepler ne emergevano due in particolare, cioè due affievolimenti della luce emessa dalla nana rossa, che segnalavano il possibile transito di un esopianeta. Ma mancava ancora il terzo segnale, per così dire, di conferma. Ciò che fino a pochi mesi fa sembrava aver raccolto il nostro telescopio spaziale non sembrava contenerlo, e invece c’era, ma era passato inosservato, insieme a moltissimi altri dati non esaminati poiché raccolti durante i giorni di riposizionamento di Kepler. In seguito a questa scoperta non si è perso tempo e ci si è subito dedicati all’osservazione del nuovo pianeta, grazie anche alla messa in gioco del telescopio spaziale Spitzer della NASA, il telescopio Keck II alle Hawaii e all’analisi dei dati raccolti durante la missione Gaia dell’Esa, che sta ancora continuando la mappatura di stelle e altri oggetti cosmici. Dagli studi che sono stati riportati su questo pianeta è emerso che K2.288Bb è un esopianeta molto interessante per poter meglio capire i processi di evoluzione planetaria: i primi dati sconcertanti che sono stati riportati è che, per essere un esopianeta, esso è 1,9 volte la grandezza della Terra, circa la metà di quella di Nettuno, e pochissimi sono i corpi celesti di questo tipo a presentare una superficie di almeno 1,5 volte quella terrestre, sono quasi rari. Inoltre la sua orbita è temperata e si trova nella fascia abitabile del suo sistema solare, cosa che non esclude la possibilità di acqua anche sotto la superficie. Per questo e anche per il modo in cui è stata fatta “è una scoperta davvero entusiasmante” spiega Adina Feinstein, la giovane astrofisica dell’università di Chicago che ha presentato la scoperta al 223° Congresso della Società astronomica americana a Seattle e che è stata la prima autrice dell’articolo. Ma le osservazioni di K2-288Bb non sono finite qui: sono molti gli astronomi che ritengono che nell’universo ci siano tanti mini-Nettuno come questo, i quali però, a causa delle radiazioni emesse dalla loro stella madre, finiscono per perdere parte della loro atmosfera diventando mini-Terre. La sfida ora sta dunque nel capire in quale dei due ambiti rientra il nostro grande pianeta “nascosto”.
Tale ricerca ha dimostrato non soltanto che le indagini di Kepler continueranno ad essere fonte di novità per molto altro tempo, anche se il suo successore TESS è già attivo e ci ha permesso di scoprire già molti altri esopianeti, ma anche che pure persone comuni dotate di tanta volontà e tanta passione possono aiutare nell’ambito di importanti ricerche astronomiche.
Ginevra Comanducci / Liceo Classico Galileo di Firenze