Grazie al dolore diventiamo forti.

Un racconto di formazione sull’importanza di saper affrontare il dolore

Nicole Palacios, classe III D

 

Grazie al dolore diventiamo forti.

Sono una ragazza cattiva, lo sono sempre stata. Sono scappata che avevo quattordici anni e da lì ho iniziato a vivere veramente.

Quando ero piccola mi piaceva molto dipingere e immaginavo di avere una moto, con la quale sfrecciavo per tutta casa come se fossi in un’autostrada deserta, tutta per me. La mia spensieratezza però aveva fine quando arrivava mio padre. Era diventato un alcolizzato dopo la morte di mia madre. Avevo sei anni quando lei morì e da quel giorno una parte di me se n’era andata con lei. Ogni giorno che passava, cresceva sempre di più la consapevolezza di dovermela cavare da sola. Non ero più la piccola bambina buona e allegra di una volta. Non più.

Mio padre, ogni sera, ritornava a casa ubriaco ed era sempre arrabbiato. Voleva sfogarsi, voleva liberarsi di uno spirito inquieto che aveva dentro di sé che lo tormentava. L’unica in casa ero io ed ero io a subire la sua rabbia, i suoi schiaffi, i suoi calci nello stomaco, alla schiena, sulle gambe, sulla testa … Insomma, in poco tempo diventai il suo giocattolo preferito, il suo sacco da box. Ogni sera.

All’ età di undici anni iniziai ad essere meno presente in casa. La sera uscivo e stavo un po’ in giro: andavo in diversi bar cercandone uno che mi sembrasse accogliente. Lo trovai e ci passai notti intere in quel bar chiamato Pop’S (per fortuna era aperto 24h su 24). E così passò il tempo: io in un bar e mio padre in casa ubriaco.

Arrivarono i miei quattordici anni e arrivò anche il mio primo scontro con mio padre. Erano le sei del mattino e io ero pronta per andare a scuola, ma quando stavo per uscire sentii mio padre chiamarmi dal salotto. Di malavoglia andai a vedere cosa volesse e così iniziò lo scontro.

-Cosa? Come puoi pretendere che io faccia quel lavoretto sporco per te e per i tuoi stupidi “amici”?-

-Tu farai quello che io ti dirò! È chiaro!? E non provare ad alzarmi la voce

signorina, sono tuo padre! –

E così partirono schiaffi, calci, colpi dappertutto. La sera stessa preparai la valigia e me ne andai prima del ritorno di mio padre. Andai da Pop’S, il cui proprietario (tra noi si era creato un rapporto come tra nonno e nipote) mi prestò il suo computer per poter cercare un piccolo monolocale dove vivere, ma intanto restai in quel bar accogliente. All’interno era tutto in stile anni 80’: luci rosa e blu, poltrone con cuscini rossi; appesi alle pareti c’erano quadri di diversi attori e cantanti; erano appesi anche dischi, vinili e tanto altro di musica di quell’epoca.

Per anni vissi in monolocali, lavorai in luoghi poco sicuri che si trovavano in posti malfamati, ma quello che mi interessava erano i soldi per poter pagare la mia “casa” e per poter mangiare. Ebbi più di un lavoro, e per anni, crescendo, i miei colleghi mi chiedevano cosa stessi studiando o cosa avessi studiato, mi chiedevano se avessi una mia famiglia, un marito, dei figli, mi chiedevano se mi piacesse la mia vita. Io non sapevo cosa rispondere e quindi cambiavo argomento. Mi vergognavo a parlare di me, della mia vita, dei miei sogni… tutto di me mi imbarazzava.

Arrivarono i miei ventotto anni e conobbi molte altre persone. Conobbi un ragazzo, che è poco dire che mi ha salvata, grazie al quale vidi la luce, la speranza. Oggi mi trovo qui, davanti ai miei figli e a mio marito, raccontando la mia storia con orgoglio. Perché con orgoglio? Vi chiederete voi lettori.

Beh, perché grazie al mio passato, ora sono quella che sono riuscita a diventare: una donna autonoma, con una sua famiglia e con un suo lavoro. Grazie al mio passato sono diventata una donna forte, pronta a superare ogni ostacolo.

Sono diventata una donna bella e affascinante, amata da suo marito, dai suoi figli e da se stessa.

-Mamma…

-Dimmi, amore.

-Se tu avessi la possibilità di cambiare qualcosa del tuo passato… Cosa cambieresti?

-Sarò sincera con te, Alex. Non sono felice di aver vissuto tutto quello e non lo auguro a nessuno, ma io non cambierei nulla. E sai perché? Perché altrimenti non mi ritroverei qui a parlare con te, ragazzo mio.

-Va bene. Ora… Posso uscire? Ho un appuntamento…

-Ah, ecco cosa volevi, furbacchione! Va bene, puoi, ma trattamela bene quella ragazza, mi raccomando.

-Certo, grazie. A dopo.

-A dopo amore.

-Mamma?

-Si?

-Sono orgoglioso di te.

E così, con un sorriso a trentadue denti e felice, esce mio figlio, Alex.

Molte persone mi hanno vista come la cattiva ragazza del quartiere, ma non lo sono mai stata. Mia madre ha fatto in modo che io abbia avuto indietro quel pezzo mancante di me attraverso degli angeli e quegli angeli sono loro: mio figlio, mio marito e quel piccoletto che corre per tutta casa.

Questa è la mia Vita.

Questa è la mia Felicità.

 

Nicole Palacios