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Pandemie: un’occhiata al passato e uno sguardo al presente

«Se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone, nei prossimi decenni è più probabile che sia un virus altamente contagioso piuttosto che una guerra. Non missili, ma microbi. Abbiamo investito pochissimo in un sistema che possa fermare un’epidemia. Non siamo pronti per la prossima epidemia».
Così si espresse nientemeno che Bill Gates 5 anni fa durante una conferenza TED, descrivendo cosa secondo lui fosse la più grande minaccia per l’umanità. Mentre al giorno d’oggi tale affermazione può sembrare quasi profetica, non è la prima volta che l’umanità affronta una temibile pandemia. Durante gli ultimi secoli l’uomo ha avuto a che fare con molte malattie pericolose, come l’influenza spagnola, il colera o la famigerata peste.

Un po’di storia…

  • Partiamo da quest’ultima. la peste del 1630 (detta anche peste manzoniana perché descritta da Manzoni nei Promessi Sposi). Nonostante l’alta infettività e letalità della malattia, la sua diffusione fu in gran parte colpa delle scarse condizioni igienico-sanitarie dei tempi, delle ricorrenti carestie e del costante movimento di truppe militari lungo il territorio europeo. Come riportato da Alessandro Manzoni in opere quali I promessi sposi e Storia della colonna infame, la peste decimò la popolazione locale, che, senza nessuna conoscenza medica, iniziò a cercare untori e streghe, che venivano torturati e giustiziati dopo essere stati accusati di aver fatto ammalare la città con unguenti maligni.
  • Il colera è una malattia endemica originaria dell’Asia che riuscì a diffondersi in Europa, in particolare in Inghilterra, a causa degli scarsi controlli sulle navi cargo e della loro scarsa pulizia. Tuttavia, la maggiore causa di diffusione del morbo fu questa volta la rivoluzione industriale: la nascita del treno a vapore rese i viaggi più frequenti, l’impoverimento e spostamento dalle campagne del ceto più basso causarono sovrappopolazione nelle città e condizioni igieniche deplorevoli. Pur non avendo un tasso di letalità alto quanto quello della peste, il colera presentava sintomi molto dolorosi e portò alla morte numerosi bambini, i più soggetti all’infezione.
  • Il caso più recente fra gli esempi citati è quello della cosiddetta “influenza spagnola”, da molti definita la forma di pandemia più grave della storia a causa del suo altissimo tasso di letalità. Fu chiamata “spagnola” poiché la stampa spagnola fu l’unica autorizzata a parlarne, mentre in altri paesi vigeva la censura bellica e qualsiasi tipo di informazione a riguardo venne silenziata. La pandemia si diffuse largamente in tutta Europa, in modo anche piuttosto rapido a causa di un importante evento che contrassegnò quest’epoca: la Prima Guerra Mondiale. Le conseguenze della guerra (sovraffollamento di ospedali, carenza di strumentazioni e personale medico, crisi, malnutrizione e affollamento di soldati in trincea) contribuirono in gran parte alla diffusione e alla pericolosità di una malattia inizialmente poco letale. Quest’influenza ebbe un impatto così profondo sulla vita quotidiana che abbassò drasticamente le aspettative di vita dell’epoca. I soggetti più suscettibili erano i giovani, nei quali la spagnola aveva il tasso di mortalità più alto, che diminuiva con l’avanzare dell’età.

Uno sguardo all’attualità

Tornando ai giorni nostri si nota come (per nostra fortuna) il Coronavirus condivida poco o nulla con le pandemie sopracitate, in quanto possiede un tasso di letalità relativamente basso e “prende di mira” soprattutto i soggetti più anziani. L’aspetto più pericoloso di questo SARS-CoV-2 è la sua alta infettività ma il mondo attuale non presenta più le stesse problematiche che avevano permesso alle precedenti malattie di diffondersi su vasta scala. Come è riuscito allora questo virus a diffondersi fino a diventare una minaccia?
Trascurando le origini del virus, sono tre in particolare i fattori che hanno portato alla pandemia attuale:

  1. Il patogeno non è mai stato identificato prima

Nonostante le avanzate conoscenze ed il continuo sviluppo nel campo della medicina (si era già a conoscenza dell’esistenza del coronavirus), siamo di fronte ad un nuovo ceppo del virus, che precedentemente era capace di infettare solo poche specie animali.

  1. L’atteggiamento delle persone

Anche se una cura o un vaccino non è (ancora) disponibile, i malati possono essere trattati senza particolari problemi in ospedale. Il vero problema è tuttavia costituito dal sovraffollamento degli ospedali e quindi dalla sopraffazione del personale medico. Tale sovraffollamento è dovuto, oltre che all’alta infettività del virus, anche alla noncuranza di gran parte della popolazione rispetto alle norme igieniche e sociali imposte per evitarne la diffusione, fino a quando ovviamente la situazione non è diventata grave. Numerosi sono stati infatti i casi di soggetti positivi alla malattia che si sono spostati in paesi ancora in salute contribuendo alla diffusione del patogeno. Tuttora, nonostante le contromisure d’emergenza prese dai rispettivi governi, molte persone continuano a sottovalutare la situazione, necessitando quindi l’intervento delle forze dell’ordine.

  1. Finanziamento del settore medico

Come introdotto all’inizio, il problema numero uno è lo scarso supporto economico fornito dalle nazioni al settore medico, a favore di altri settori come quello industriale e soprattutto quello militare. Durante questa imprevista emergenza la mancanza di fondi ha portato ad una rapida carenza di personale ed equipaggiamento. Molti ospedali in tutto il mondo sono tuttora a corto di respiratori, tamponi e persino di spazi adeguati dove poter curare i pazienti.

Una luce in fondo al tunnel

Per fortuna, la maggioranza della popolazione sembra essersi resa conto della gravità della situazione, i governi hanno incominciato ad investire risorse negli ospedali, numerose celebrità hanno dato inizio a raccolte fondi per supportare i medici coinvolti nella pandemia, sono state avviate numerose campagne di sensibilizzazione. Attualmente la quantità di nuovi infetti giornalieri in Italia sembra aver raggiunto il suo picco incominciando ora una fase di lenta decrescita. Nonostante la maggior parte dei paesi coinvolti stia ancora affrontando gli effetti dell’epidemia sulla vita quotidiana, altri (come la Cina) iniziano a dare segni di ripresa e ricominciano la loro vita di tutti i giorni.

Mohamed Bouslikhane 4AL