Dov’è Dio?

La Pasqua, ormai alle porte, è tristemente segnata dal drammatico impatto della pandemia sull’intera umanità ed il silenzio assordante di questi giorni amplifica il suono delle campane che non risuonano a festa, ma che annunciano, ancora di più, l’ennesima morte.

E la conta dei morti prosegue, in una sequenza che non pare mai vedere la fine.

Nelle nostre case, nelle nostre città, nei nostri paesi, nel mondo intero, il Covid-19 ha portato, in poco tempo, tantissimo strazio e tanta morte, disintegrando le nostre certezze e le nostre sicurezze e rendendoci impauriti e smarriti. È sorella morte che bussa alla porta di tanti.

Chi poteva immaginare, solo qualche mese fa, che la morte potesse essere così vicina.

Appunto, in queste settimane è stata utilizzata la metafora della guerra, che forse è impropria, ma descrive la situazione attuale, così inedita ed irreale.

I pazienti colpiti entrano negli ospedali e lasciano fuori tutta la loro vita, il loro mondo e i loro affetti. Indossati i camici monouso sembrano tutti uguali. Spesso non hanno neanche modo di fare una telefonata; vanno via così.

Sembrano gli internati di un campo di concentramento, che entrano sulle loro gambe ed escono ormai senza vita, soli, in silenzio, anonimi, in una dimensione che di umano non ha più nulla.

Le bare trasportate per strada dall’esercito, gli ospedali da campo, migliaia di morti, le misure di contenimento che assomigliano a una sorta di coprifuoco. Il Coronavirus è il nemico: le trincee sono gli ospedali, dove combattono in prima linea medici e infermieri.

E poi noi, spettatori increduli ed inermi di questa immane tragedia.

Ebbene, io credo che ciascuno, di fronte a questa atrocità, guardando verso il cielo abbia invocato l’aiuto di Dio, senza esimersi, purtuttavia dal  domandarsi: “O mio Dio, ma dove sei? perché mai non intervieni?”.

Forse, il nostro Dio cristiano è diventato un carnefice che, mentre il popolo langue, si diverte a infettare il mondo per sconfiggere la sua solitudine? A cosa è valsa, dunque, l’avventura di quell’Uomo che, da Nazareth, è partito, con nulla addosso eccetto la sua voglia di Redenzione, per conquistare i cuori?

Dunque, alla domanda di tanti di noi “Dov’è Dio in questi momenti?” io riterrei di rispondere così: “È lì dov’è testimoniato l’Amore.” Ecco, l’amore è la spiritualità di una vita che si fa dono per noi nel Cristo morto e risorto. Di una vita, la nostra, che diventa dono per gli altri. 

D’altronde, è la stessa domanda che il mondo si è fatto quando ha scoperto la tragedia dei campi di concentramento, chiedendosi: “Dov’era Dio?” e alla quale è stato obiettato che bisognava domandarsi: “Dov’era l’uomo?”.

In relazione a questo, si racconta che due rabbini in un campo di sterminio vedono un bambino impiccato al filo spinato e uno dei due chiede all’altro: “Dov’è Dio in questo momento?”. L’amico gli risponde: “Guarda bene, più in profondità …è impiccato proprio lì con il bambino!”.

Ciò vuol significare che il Cristo non lo incontriamo chiedendogli conto della sua divinità lontana, ma quando si identifica con le vittime. Non lo scopriremo inveendo contro la sua indifferenza o negando la sua esistenza, ma collaborando in mille modi per mitigare il dolore delle popolazioni colpite e del mondo intero. Quindi, talvolta, intuiremo fra luci ed ombre che Dio sta con le vittime, difendendo la loro dignità eterna, e rimane accanto a chi lotta contro il male, incoraggiando il suo combattimento.

Dio ha un piano per noi, per tutti noi, che ha messo in atto nella persona di Gesù, pagando un prezzo troppo alto. Dio è un Dio giusto, che ci invita a riflettere anche su questo: “Il giusto muore, e nessuno vi bada; gli uomini buoni sono tolti di mezzo, e nessuno considera che il giusto è tolto di mezzo per sottrarlo ai mali che sopraggiungono”.

Il perché della sofferenza è probabilmente il dilemma più grande dell’uomo e per chi desidera porre la propria fede, la propria fiducia in Dio, egli ha una promessa finale e definitiva, che ha direttamente a che fare con la sofferenza di ogni genere:“Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate.”

Ed allora, è facile intuire che Dio è oggi nelle corsie degli ospedali, tra i morti, i malati, i medici, gli infermieri e quanti prestano la loro opera, per rimpiazzare gli esausti e, tra loro, quelli morti per il contagio. Sono davvero in tanti.

Dio è tra di loro, nessuno di noi conosce il loro credo: vediamo, però, le loro azioni.

Lì c’è Dio.

Lì noi vediamo Dio.

È arrivato un nemico che ha paralizzato le nostre esistenze, e che ci vuole rubare la gioia della Risurrezione e della Vita, ma noi non possiamo andare via tristi come i discepoli sotto la croce.

Perciò, questa Pasqua facciamoci bastare quell’unico abbraccio che nemmeno questo terribile virus ci potrà mai togliere e di cui possiamo essere certi; è un abbraccio pieno di Amore e di tenerezza: quello che Gesù ci dona dalla croce!

Cristo chiede a ciascuno di noi di porsi come avanguardie che fanno presente la misericordia di Dio, in questi tempi difficili, e con la misericordia riportano la speranza e il coraggio di continuare a lottare e di persistere nel cammino senza fermarsi, neanche adesso.

Candida Izzi