Influenza spagnola del 1918

Per quanto nell’ultimo secolo la popolazione del nostro pianeta sia andata incontro a diverse pandemie causate da virus, una delle pandemie riconosciuta tra le peggiori è stata, senza dubbio, l’influenza “spagnola” del 1918 (erroneamente così definita non in quanto fosse insorta per prima nel Paese iberico, ma perché i primi a parlarne furono i giornali spagnoli, non sottoposti alla censura di guerra imperante negli altri paesi europei, che nascosero a lungo l’esistenza di una pandemia).

Oggi ci troviamo a fronteggiare una nuova pandemia causata dal SARS-CoV-2, per certi aspetti paragonabile alla prima che fu però provocata dal virus influenzale H1N1 di origine aviaria.

Stando ad alcune stime, la “spagnola” fece 50 milioni di morti nel mondo, con un tasso di letalità stimato compreso tra  il 2% e il 10% (l’influenza stagionale ha un tasso di letalità pari, in media, allo 0,1%)

 

Il tasso globale stimato per la malattia da nuovo Coronavirus (Covid-19) sarebbe prossimo al 5% (2% negli Usa) anche se alcuni esperti ritengono questa percentuale sottostimata in ragione dell’esistenza di dubbi sull’accuratezza nel reporting dei casi di malattia da parte delle Autorità cinesi, dove l’infezione ha avuto origine.

Molti dei decessi derivanti da Covid-19 sono legati ad una forma di polmonite particolarmente severa, dovuta all’indebolimento del sistema immunitario. Questa caratteristica è in parte condivisa con la pandemia influenzale del 1918.

L’influenza “Spagnola” è stata spesso definita come il “più grande olocausto medico occorso nella storia”. Ciò non solo in ragione dell’elevatissimo numero di morti causati dall’infezione, ma anche e soprattutto per il fatto che la gran parte delle vittime erano giovani e in buone condizioni di salute, mentre le persone più anziane e quelle affette da malattie pre-esistenti sono considerate a maggior rischio di andare incontro a Covid-19, anche se non è esclusa la possibilità che anche le persone giovani possano sviluppare sintomatologia grave ascrivibile a Covid-19. Nella maggior parte dei casi, nelle persone giovani e nella popolazione pediatrica la malattia si presenta con sintomatologia lieve o è asintomatica.

La diffusione della pandemia influenzale del 1918 ha avuto un andamento più lento rispetto a quella da nuovo Coronavirus. Un ruolo rilevante in queste diversa dinamica della diffusione delle due pandemie dipende dallo sviluppo della mobilità aerea, ancora agli inizi nel 1918. L’influenza “spagnola” si diffuse prevalentemente con il trasporto ferroviario e navale e fu portata, secondo alcuni storici, dalle truppe che combattevano nel corso della Prima Guerra Mondiale.

Dall’esperienza della pandemia influenzale del 1918 abbiamo imparato l’importanza della pratica del “distanziamento sociale” e delle altre misure di contenimento non farmacologico dell’infezione, e l’importanza dei sistemi sanitari pubblici quasi inesistenti nel primo ventennio del secolo scorso.

L’adozione di misure di distanziamento sociale e, al contempo, l’incessante lavoro di medici e ricercatori volto a curare e a trovare soluzioni (farmaci, vaccini) atte a rallentare gli effetti più nefasti delle infezioni pandemiche e a spezzare, immunizzando la popolazione, la catena dei contagi, rispondono all’obiettivo di trattare le pandemie come problema collettivo e non esclusivamente di salute individuale.

Ma moltissimo spetta alla responsabilità di ciascuno di noi perchè questi sforzi vengano coronati dal successo, quindi bisognerà continuare a mantenere le giuste distanze anche quando ci sarà permesso di uscire liberamente, fino alla scoperta di un vaccino che ci possa rendere immuni da questo virus.

Anche se ci costerà fatica dovremmo evitare di abbracciare e baciare le persone a noi più care, ad esempio i nonni, per preservarli da questo virus e dovremmo ancora utilizzare mascherine, spero che tutto questo serva a ritornare alla normalità, ma affinchè ciò accada è necessario grande senso civico da parte di ognuno di noi.

 

MESSINA ELENA 1C

Marino Guarano – Melito di Napoli