di Vera Bartolucci

In questi giorni di quarantena mi sembra che si sia fermato il tempo.

O quantomeno è un tempo strano, scorre monotono e lento nelle nostre case ma fuori corre, si va a prendere il sole della primavera, le piante e gli alberi fioriti, l’acqua del mare che diventa un po’ più calda e si prepara ad accogliere i gruppi di ragazzi, bambini e gente di tutti i tipi, che si tuffano e rilassano tra le sue braccia. I tramonti al mare che non aspettano altro che qualcuno che li fotografi, oppure due ragazzi che diano inizio al proprio amore davanti a lui, o semplicemente, vorrebbero far azzittire tutti con la loro bellezza.

Sento come se stessi perdendo la vita là fuori, e non potessi più recuperarla. Ovviamente non è vero, ma lo percepisco. Come se questo tempo passato in casa, senza uscire, vedere amici e andare a scuola, non potessi più recuperarlo in alcun modo. E penso a quando davo tutto per scontato e facevo spesso le cose controvoglia.

Sì, perché forse per una volta realmente nella nostra vita abbiamo capito o stiamo capendo cosa vuol dire veramente vivere ogni momento, ogni giornata, che sia di sole o di pioggia, che sia storta o la più bella della nostra vita, ogni piccola avventura.

Lo abbiamo capito perché ora non possiamo più farlo, e come è sempre stato e sempre sarà, riusciamo a capire il valore di ciò che abbiamo solamente quando lo perdiamo o quando stiamo sul punto di perderlo.

Questo virus ci sta rubando la vita, la nostra quotidianità. In cambio ce ne ha data una monocolore, a tinta unita. Ma a me non piace.

Vorrei incontrarlo un giorno. Chiedergli perché è arrivato così, senza preavviso, distruggendo vite e famiglie e allo stesso tempo unendo popoli e vicinati.

Ma quindi alla fine io non ho capito, sei davvero così antipatico?

Ah e poi, quanto pensi di andare avanti? Perché io e i miei amici vorremmo rivederci e continuare a fare le solite cose, senza te fra i piedi.