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Silvia Romano e la “balzana idea di essersela andata a cercare”

La priorità è sapere quanto ci è costata la liberazione di una ragazza italiana, volontaria in Kenya in un progetto di sostegno all’infanzia e rapita dai terroristi in Somalia. Dopo un anno e mezzo di prigionia, Silvia Romano, oggi 25 anni, è stata liberata. Ma la priorità, per l’italiano medio, è sapere quanto ci è costata: “Quanto ci è costata in questi periodo di crisi. Vogliamo le regole dell’italiano rapito”.

Casomai ci capitasse quello che è capitato ad alcuni nostri connazionali. No, non turisti, quelli hanno pieno diritto ad andare dove desiderano e possono pagare, ci mancherebbe altro. Piuttosto, quelli che vengono presi dalla balzana idea di studiare o lavorare all’estero. Magari fare studi complicati, ricerche sul campo che vanno a toccare questioni inquietanti e pericolose, come ha fatto Giulio Regeni, oppure fare lavori assurdi, come aiutare gli altri, i bambini, i più poveri quelli che si devono “aiutare a casa loro” proprio per impedire che gli venga la stramba idea di migrare proprio qui, e magari bisogna pure andare a soccorrerli. Lavori assurdi, come quelli di Greta e Vanessa o di Silvia Romano. Insomma, gente “che se l’è andata a cercare”, rinunciando, per motivi oscuri, alla comodità della patria e del divano. L’italiano è cattolico, o pensa di esserlo: reagisce lodando chi sventola rosari e vangeli. Pensa che c’è chi predica di affondare i barconi, ma siccome si raccomanda al Cuore Immacolato di Maria passa per cattolico e ultra italiano, se iniziando dalla scuola l’ora di religione venisse sfruttata per fare storia delle religioni anziché della religione cattolica forse potremmo iniziare a risolvere un problema di intolleranza che porta la maggior parte degli italiani ad inveire contro qualsiasi altro tipo di religione. Per essere salvate dobbiamo essere italiane, cattoliche, bianche, eterosessuali, fertili. Quando veniamo stuprate, picchiate, rapite, in qualche modo ce la siamo cercata. Non solo dentro al paese benpensante ma, a volte, persino in tribunale.

“Sei diventata islamica? Potevamo lasciarti in mano ai rapitori”.

Per essere salvate non dobbiamo essercela cercata, il che porta ad una sola conclusione, la nostra vita, per voi, benpensanti, non ha valore. Non ha valore la nostra libertà se scalfisce anche un solo privilegio acquisito nel tempo. Che si tratti di Silvia, di Maria, di Greta, di Caterina o di ogni donna rimasta vittima di violenza, stuprata, oppure, semplicemente, che vi ha lasciato, il denominatore comune è uno: essere donna. Se Silvia si fosse chiamato Silvio, nessuno, forse, avrebbe chiesto il prezzo della liberazione.

Syria Patti, III BL