Una nota di libertà – Racconto

Il fischio della macchinetta del caffè riporta violentemente Marisa alla realtà, facendole perdere la presa sul manico della scopa che con un rumore sordo cade per terra. Per quanto era rimasta immobile a fissare le roselline color cipria della carta da parati? Sul piccolo schermo della televisione le gemelle Kessler muovono a tempo di musica le loro gambe sinuose; Marisa vorrebbe mettersi a ballare con loro, come fa sempre quando suo marito non c’è, ma il fischio l’ammonisce dalla cucina. Con un salto scavalca il manico di legno e toglie velocemente la moka dal fornello, mentre qualche goccia di liquido bollente le cade sulla mano. Stringe i denti, fino a quando non riesce a posarla sul piano di granito adeguatamente coperto da un centrino ricamato a fiori. Fortunatamente non ha versato nulla sul pavimento, nota con sollievo, né ha lasciato cadere la preziosa macchinetta a terra, rischiando di romperla. Era già successo una volta e Danilo non ne era stato affatto contento; lui era quello che portava lo stipendio a casa, lui era quello che ogni giorno faticava per la famiglia e che con i suoi sforzi le aveva reso possibile quel tenore di vita, ma lei doveva sempre rovinare tutto. Si porta la mano alle labbra, pulendo la goccia di caffè bollente; sulla pelle arrossata nota come si stia già formando una piccola galla. Marisa spera solo che suo marito non se ne accorga o la costringerebbe a raccontargli tutto; i suoi nervi sono già fin troppo tesi quando torna dall’ufficio e non può mettersi anche lei a rovinargli un grigio lunedì di novembre come quello. Tornata nel salotto, riprende in mano la scopa e si rimette a lavoro, spazzando diligentemente via la polvere, quando sullo schermo della sua TV Philips compaiono quattro uomini vestiti con indumenti femminili. Marisa teneva sempre la televisione sul canale musicale, ma non le pareva di aver mai visto un video del genere; anche il ritmo scandito dalla batteria che inizia a diffondersi per la stanza le suona sconosciuto. L’uomo con il maglione rosa inizia a dare l’aspirapolvere, muovendo i fianchi a tempo, mentre i primi accordi della chitarra si fanno strada dalle casse della tv, provocandole una scarica di brividi.
I want to break free
Marisa pensa a quanto potrebbe disapprovare un video del genere suo marito, eppure non riesce a staccare lo sguardo dallo schermo. Solitamente ciò le avrebbe provocato vergogna e sensi di colpa, ma quella musica riesce a sovrastare la voce ammonitrice di Danilo, che gradualmente si fa piccola piccola nella sua testa. Adesso guarda divertita quell’uomo baffuto con grossi pendenti rosa alle orecchie e senza accorgersene il suo piede inizia a battere il ritmo.
I want to break free
I want to break free from your lies
Ogni muscolo del suo corpo la sprona a ballare, a dimenarsi, a cantare, senza preoccuparsi di apparire goffa o essere stonata. Da quando si è sposata Marisa non si è più lasciata andare come faceva di solito da adolescente; quando danzava suo marito le faceva notare quanto fosse scoordinata e quanto lo stesse mettendo in imbarazzo. Ma se fossero state tutte bugie?
You’re so self satisfied I don’t need you
I’ve got to break free
In un attimo la scopa si trasforma nel miglior compagno di danza che si possa desiderare, mentre quello dopo diventa un microfono argentato con cui Marisa balla e canta, forse un po’ goffamente e probabilmente senza azzeccare nemmeno una nota, ma libera. Si era dimenticata il significato di questa parola; aveva nascosto a se stessa quanto avesse bisogno di questa sensazione. Il suo desiderio di libertà era stato addomesticato dalle grandi mani di Danilo, che rabbiose le lasciavano impronte rosse sul volto, dove il giorno prima c’erano stati dei baci, lividi violacei sulle braccia, dove ancora bruciavano le carezze di ieri.
God knows, God knows I want to break free
Quando era arrivata a Firenze per studiare non si sarebbe mai immaginata di finire così: a ballare di nascosto con la scopa in un appartamento di periferia, con i sogni abbandonati a prendere la polvere in un cassetto. Il suo animo romantico l’aveva fregata e quel giorno in cui per la prima volta aveva incrociato lo sguardo di Danilo si era condannata ad una vita di reclusione soltanto per amore.
I’ve fallen in love
I’ve fallen in love for the first time
And this time I know it’s for real
I’ve fallen in love, yeah
Quanto era illusorio e doloroso però l’amore. Marisa riporta alla mente come i primi anni di nozze erano stati rosa e fiori, ma tale era rimasta solo la carta da parati. Lentamente aveva cominciato a temere il contatto fisico e suo marito si era rivelato essere un estraneo; nonostante cerchi ogni giorno di trovare qualcosa che le ricordi quell’uomo di cui si era tanto innamorata, più il tempo passa, più quello scompare. Marisa però non vuole abbandonare la sua grande storia d’amore, per cui ha rinunciato a tutto il resto; non vuole ammettere a se stessa di aver sbagliato.
God knows, God knows I’ve fallen in love
Eppure, mentre le note della canzone vanno avanti e il ritmo aumenta incalzante, Marisa si innamora ancora. I suoi movimenti si fanno più lenti, fino a fermarsi del tutto; con un tonfo sordo la scopa ricade tristemente a terra, perdendo il suo ruolo animato di compagno di danze. Con gli occhi umidi che osservano il nulla, si accorge che il suo amore per la libertà è vero, più di qualsiasi altro sentimento abbia mai provato. Si vede lontano, su un aereo diretto a casa… o forse è una città straniera? Chissà se sua madre l’accoglierà ancora, dopo così tanti anni insieme ai suoi errori.
But life still goes on
I can’t get used to living without, living without
Living without you by my side
I don’t want to live alone, hey
God knows, got to make it on my own
Lacrime amare le scorrono in silenzio sulle guance, mentre getta alla rinfusa i pochi vestiti che ha in un vecchio borsone di pelle. Nel salotto la musica continua ostinata, strappando via tutti quei veli di lino che le avevano nascosto una verità fin troppo evidente. Danilo non l’ama. Non importa quante volte abbia ammesso il contrario, quante abbia giurato che se lei se ne fosse andata lo avrebbe ucciso. Quello non era amore. La realtà adesso le grava sul cuore, togliendole il respiro, ma allo stesso tempo si sente più libera, consapevole che varcando quella porta non sarà persa e inutile come suo marito le aveva gridato la prima volta che aveva tentato di tornare a casa. Marisa sa che troverà più amore nella compagnia di se stessa che in quella di un uomo simile.
So baby can’t you see
I’ve got to break free
Il borsone non sembrava così pesante, eppure la porta a camminare tutta piegata sul fianco destro; con la mano libera si regge il cappello di lana che il vento minaccia di portare via. La strada che conduce alla stazione è vuota e silenziosa, solo una Fiat 127 rossa sgargiante le sfreccia accanto, coprendo per un attimo il rumore modulato dei suoi stivaletti di camoscio sul marciapiede sconnesso. Quando Danilo apre la porta di casa, bramoso di sedersi sulla sua poltrona e frenare quel fastidioso brontolio dello stomaco con l’appena mangiabile cena di sua moglie, la prima cosa che nota è la scopa, dimenticata sul pavimento. La cucina è vuota e la moka piena di caffè freddo è rimasta sul centrino ricamato a fiori. Danilo chiama a gran voce sua moglie, con la vena del collo già gonfia e le mani chiuse a pugno, talmente strette da far sbiancare le nocche. Marisa però non risponde, al suo posto una voce sconosciuta canta dalla TV accesa nel salotto:
I want, I want, I want, I want to break free.
Alessia Priori – Classe 4B / Liceo Classico Galileo di Firenze