Nel cuore di Firenze si nasconde una piazza fatta da panchine e alberi, il suo nome è piazza D’Azeglio. Si tratta di uno dei pochi punti verdi rimasti nel centro della città, che ospita da ormai svariati decenni le risa di giovani di ogni età. Per un ragazzo di 17 anni come me, questo luogo vuol dire tante cose. Io sono cresciuto giocando su scivoli e altalene, sognando di diventare un calciatore mentre tiravo calci a un pallone, facendo a gavettoni con i miei migliori amici nei mesi più caldi: tutto ciò nello stesso posto. Per me piazza D’Azeglio è molto più di una piazza, è un qualcosa di astratto che abita la mia memoria da anni. Anche ora, nonostante sia passato tanto tempo, non riesco a rinunciare a questo luogo e, con i miei cari amici Ludo e Saba, quasi ogni sabato ci diamo appuntamento lì. Noi abbiamo un preciso punto di ritrovo nella piazza: la panchina da noi ribattezzata “boicotta”, per via della scritta “boicotta le invalsi” disegnata sul lampione che la fronteggia. Ogni volta che ci incontriamo, dopo esserci salutati, ci sediamo e stiamo in silenzio per qualche secondo, a rivivere tutte le avventure che quella panchina ha visto succedersi. Io stesso a volte penso che senza quel posto la nostra amicizia non sarebbe così speciale. Negli ultimi tempi, però, il fascino di D’Azeglio è leggermente venuto a mancare: la costante presenza di volanti delle forze dell’ordine smorza il clima surreale che la piazza ha sempre avuto. Nonostante le intenzioni più che nobili dei poliziotti, a mio parere quell’aria di libertà che la piazza trasmette viene perlopiù a mancare, perché si va a intaccare la serenità del luogo. Io, nella mia personalissima opinione, non credo che qualche ragazzo che fuma rappresenti un problema per la società. Detto ciò, spero che le prossime generazioni continuino a frequentare questo luogo magico e, per quanto mi riguarda, cercherò in tutti i modi di farlo frequentare ai miei figli.
Matteo Giachi / Liceo Classico Galileo di Firenze
17 Luglio 2020