Terzo nodo: La meraviglia – Un filo di lana

“Prof, tanto io non ci credo al Natale! Io non credo proprio che ci sia un Dio che scende dal Cielo per occuparsi di noi…Che poi, anche se fosse, questo non ha fatto molto: è nato sfigato ed è morto in croce!”

Così uno studente durante una delle ultime lezioni prima della pausa natalizia.

Eppure, di fronte all’Adorazione dei pastori di Caravaggio (1609) anche questo studente scettico e sfidante, tace. Tace e osserva…pieno di meraviglia. Lo sguardo, prima tagliente, è diventato meravigliato e si sofferma aperto e lucido sui pastori adoranti.

La scena, come sempre nelle opere di Michelangelo Merisi, si snoda nella contrapposizione fondamentale di luce e buio, che suggerisce altre e più profonde dicotomie: Spirito e carne, essenzialità e superficialità. La posizione della Vergine, oltre a suggerire un richiamo all’arte bizantina, allude alla sua condizione di povertà ed emarginazione; ci sono pochi oggetti intorno, e poco illuminati perché ciò che conta è la luce dello Spirito, che definisce volti e menti.

I pastori, stupiti, sono avvolti dalla luce che proviene dal Bambino in braccio alla Madre.

Al di là delle personali scelte di fede, la nascita è un evento che stupisce sempre, stupisce tutti: la vita che si rinnova è un messaggio di speranza e di bellezza. E questa nascita è una Parola Nuova che innesca un processo rivoluzionario, radicale per la cultura occidentale, e di fronte alla quale la Storia delle Religioni, la Storia dei Popoli, la Storia dell’Arte ci raccontano di un unico movimento, quello delle ginocchia che si piegano in segno di adorazione e di meraviglia.

Anche ora, in questo 2020 così complesso, così difficile, mentre la paura, il dolore, lo smarrimento, la morte, attraversano le nostre città, le nostre scuole, le nostre case, torna il Natale e, con esso, l’immagine del Bambino che nasce ci riconduce, nonostante tutto, a quell’antica meraviglia che avvicina ai bambini. Ma che, a ben guardare, è più antica e profonda dello stupore negli occhi di un bambino di fronte a un giocattolo nuovo. La meraviglia, infatti, è all’origine della capacità squisitamente umana di conoscere sé stesso e il mondo. Scrive Aristotele nella Metafisica: “Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia.”

Non si tratta, quindi, del semplice stupore di fronte ad una cosa inaspettata oppure ritenuta bella o armoniosa: la meraviglia di Aristotele è quella che Platone fa definire dal giovane Teeteto nell’omonimo dialogo: “interrogarsi con meraviglia e provare un senso di vertigine”. E’, quindi, innanzitutto porsi domande di fronte ad una “aporia”, ossia ad una difficoltà, ad una questione che apre un percorso di ricerca, ad uno scenario dubbio che sfugge alla nostra comprensione semplice o immediata. Per questo, come insegna la sacerdotessa Diotima a Socrate – che, peraltro, per una volta tace ed ascolta dalla voce di una donna – la meraviglia è un’emozione che si accompagna ad una fondamentale e necessaria consapevolezza: quella della propria ignoranza. Solo chi riconosce di non sapere, può desiderare di conoscere, può dunque, dirsi filosofo, cioè amante della conoscenza in senso lato. Gli dei, infatti, non possono desiderare ciò che già posseggono in sommo grado, né la maggior parte degli uomini che credono di sapere ciò che invece ignorarono, possono aprirsi alla difficoltà del dubbio e sentire questa luminosa emozione, quale è la meraviglia, che, sola, consente di mettersi in ricerca e accedere ad orizzonti di senso più ampi.

E questi orizzonti riguardano non solo le grandi questioni della Scienza o della Morale, ma anche l’ordinarietà della vita e le relazioni con gli altri.

Molto spesso, ci lasciamo pigramente condurre da stereotipi e pregiudizi, dalla routine quotidiana, oppure dai timori, dalle paure, dalle preoccupazioni e dalle necessità quotidiane e dimentichiamo che l’altro resta una novità e un mistero.

Mantenendoci umili e riconoscendo di non sapere molte cose, riconoscendo la libertà dell’altro e la sua sostanziale insondabilità, possiamo restare aperti in un atteggiamento di ascolto e curiosità che ci consentono di crescere nella conoscenza di noi stessi e del mondo.

Di certo, non troveremo tutte le risposte che cerchiamo. Ma forse troveremo qualcosa di più entusiasmante: altre domande e una vita non più semplice, né più piacevole, ma più umana, quindi, forse, più felice.

E al mio studente scettico posso dire: “Hai ragione, quel Bambino è nato sfigato ed è morto in croce…ma forse la domanda che ci possiamo fare adesso è: come ha vissuto?” – che alcuni dicono che sia Risorto è un’altra storia.

Vi auguro un Natale pieno di Meraviglia!

di Patrizia Ciccarella