La cinematografia del… Neolitico!

I disegni dell’uomo della Pietra si muovono alla luce del sole!

Nel nord-ovest della Russia, a Bessov-Noss (un promontorio sulla costa orientale del lago Onega) nel XVI secolo sono stati scoperti dei petroglifi a decorazione del promontorio, risalenti a circa 5000-6000 a.C.
Alcuni monaci ortodossi erano arrivati lì, dove si fermarono sconvolti da un’immagine gi-gantesca incisa sulla pietra. Quell’immagine raffigurava ai loro occhi un demone dalla testa qua-drata e dal corpo antropomorfo, diviso in due da una spaccatura nella roccia; li spaventò così tanto da farvi incidere una croce accanto alla figura come per chiedere la protezione divina. Ma loro non rimasero ad approfondire quella scoperta, nemmeno per osservare gli altri disegni più piccoli nei dintorni.

E proprio quei disegni avrebbero suscitato ulteriormente l’interesse, fino all’ossessione, di molti studiosi.
Le prime incisioni furono (ri)scoperte e studiate dal curatore del Museo di Mineralogia di San Pietroburgo, Konstantin Grevingk, nel 1848, e poi, all’inizio del XX secolo, dal ricercatore sve-dese Guastaf Halström.
Era interessante constatare che su una cresta non molto alta del lago di Onega ci fosse un così esteso sito archeologico, lungo 20 km. Ma un quesito intrigò tanti e per tanto tempo.

Le rive del lago sono tuttora rivestite di lastre di granito, che l’acqua ha lucidato offrendo vaste su-perfici adatte alle incisioni. Tuttavia, nessuna di queste lastre è incisa, al contrario di quelle situate sulla battigia.
Perciò, i petroglifi sono coperti quasi sempre da una pellicola di acqua. Tale scelta sembrava però illogica.
Ci sarebbe dovuto essere un motivo valido nello scalfire le lastre bagnate e non quelle asciutte, rendendo in questa maniera il lavoro più difficile; ma la ragione non si trovava.

La stessa domanda si era posto anche un giovane storico russo, Laușkin. Giorni e giorni rimaneva lì a osservare, con l’unico scopo di trovare una spiegazione, fin quando, a un certo punto, trovò la ri-sposta. Una sera, proprio quando stava per andarsene, al tramonto, i petroglifi presero vita: il cac-ciatore colpiva con la sua lancia il lupo, senza sbagliare mira; il mago cavalcava un cigno partendo per il suo viaggio; animali assomiglianti a giraffe incominciavano a correre; le barche prendevano a dondolare; i pesci a nuotare nei fiumi… Ma lo spettacolo non durò a lungo, e ogni personaggio tornò alla sua immobilità iniziale.

Il giorno seguente, alla stessa ora del tramonto, le figure incise ricominciarono a muoversi.
L’incisore del Neolitico non avrebbe potuto spiegare meglio ciò che oggigiorno si sa circa la pro-prietà rifrangente dell’acqua oppure riguardo al ruolo di riflettore oscillante che essa assume in mo-vimento. La spiegazione non avrebbe saputo darla, ma la sua osservazione non poteva essere altro che giusta.
Quanto tempo gli era servito per arrivare a una tale conclusione? Poiché solo in un momento preciso della giornata si può ottenere l’effetto desiderato. Quel momento poco prima del tramonto,
in cui un raggio di Sole incontra un altro raggio di luce riflesso nel lago. E per far sì che le figure prendano vita, bisogna inoltre guardare il tutto da un’angolazione precisa per cogliere l’incontro dei raggi che crea l’illusione del movimento.

Un’intelligenza tecnica e artistica nella realizzazione di questi petroglifi, in cui la distanza tra il gesto fisso e quello che si deve animare è stata calcolata con una precisione tale che il cacciatore non manca il suo bersaglio o che il mago riesce a volare sul cigno! Una tecnica arrivata alla perfe-zione.
Pertanto, la cinematografia è nata dall’acqua e i primi cartoni animati risalgono all’Età della Pietra! A Bessov-Noss sono stati trovati all’incirca 600 “nastri”, ognuno con il suo cortometraggio. Uno di essi, con non meno di 58 disegni, o meglio dire sequenze, è stato presentato al Museo statale Ermitage di San Pietroburgo.
Il Neolitico si presenta senza dubbio come un’era della scienza, un periodo in cui l’uomo e l’innovazione si incontrano.

Isabella Tokos