La storia dietro l’arcobaleno

Come scrive Eva Cantarella “appena uscita dai secoli cosiddetti oscuri della sua storia, oltre il periodo che una volta veniva definito il suo medioevo, la Grecia prese a parlare d’a-more: E ancora mi scuote amore che scioglie le membra, dolce-amara invincibile fiera… scriveva Saffo (ca. 630-570 a.C.). La prima descrizione delle pene che l’amore inevitabilmente comporta, dunque, la dobbiamo a una donna: più precisamente a una donna che amava le altre donne.” Saffo fu l’ultima a cantare l’amore omosessuale femminile poiché “le donne, con il saldarsi dei vincoli cittadini, erano state relegate al ruolo di riproduttrici, escluse da ogni forma di educazione e, di conseguenza, dalla parola”.

E in effetti, si sarebbe dovuti arrivare al XX secolo perché si risentisse parlare di omosessualità femminile.
Dunque, la storia della omosessualità è soprattutto maschile, ma bisogna chiarire che nelle società greca e romana veniva altresì disprezzato e ripudiato il comportamento “effeminato”: Era pertanto considerato normale per il maschio desiderare sia una donna che un uomo o un ragazzo, purché si assumesse il ruolo attivo. E questo sovente accadeva nella versione “amore per i fanciulli [pederastia, da παῖς e ἐραστής, di cui è interessante notare le origini, che si ritroverebbero nei riti di passaggio (iniziazione, presente in tutte le culture)] della società greca pre-cittadina: i ragazzi apprendevano le virtù che avrebbero fatto di loro degli adulti durante il periodo di segregazione, vivendo in compagnia di un uomo, al tempo stesso educatore e amante.

“Racconta Strabone, riportando Eforo, che a Creta gli uomini adulti, detti “amanti” (ἐρασται) usavano rapire gli adolescenti da loro amati (ἐρώμενοι) per condurli con sé fuori città, per un periodo di due mesi (il periodo di segregazione), durante i quali intrattenevano con loro rapporti minutamente regolati dalla legge, che stabiliva i reciproci doveri; e al termine di questo periodo, prima di far ritorno in città, gli amanti regalavano all’amato un equipaggiamento militare (segno dell’ingresso di questi nella comunità de-gli adulti).”

A Roma non era diverso e, come cita Vassalli nel romanzo di un viaggio virgiliano verso Arezzo, negli “alberghi” per la notte si riscontrava la usuale disponibilità di fanciulli. “E Catullo vive le sue storie d’amore eterosessuali e omosessuali in modo assolutamente identico (…) quello che c’è di nuovo, nelle sue poesie, è solo l’atteggiamento psicologico di tipo romantico, e la rottura della regola per cui il ragazzo amato doveva essere uno schiavo: la comparsa, insomma, di un modello dei rapporti omosessuali che riassume in sé parte della tradizione romana e parte di quella greca.”

La religione cristiana, nella visione centrale della famiglia, ripudia i comportamenti omosessuali: Pio V affermò che dovessero essere puniti con la morte. Il primo documento laico che si di-scosta da questo approccio “colpevolista” è rappresentato dal codice Napoleonico, che stabilì l’abrogazione di tutti i “reati senza vittima” (eresia, blasfemia, stregoneria, ecc) mentre l’omosessualità fu derubricata a reato solo nelle condizioni in cui venisse praticata pubblicamente o con persone minorenni e non consenzienti. Nell’800 la medicina si accostò al tema, affrontandolo come una patologia, e si dovrò aspettare Freud perché si prendesse un indirizzo differente. Per esempio, nel 1935, egli scrisse una lettera di risposta a una madre che gli aveva chiesto aiuto per il figlio gay. “L’omo-sessualità non è di certo un vantaggio, ma non c’è nulla di cui vergognarsi, non è un vizio, non è de-gradante, non può essere classificata come una malattia, riteniamo che sia una variazione della funzione sessuale, prodotta da un arresto dello sviluppo sessuale. Molti individui altamente rispetta-bili di tempi antichi e moderni sono stati omosessuali, molti dei quali sono stati grandi uomini”.

Il 17 maggio 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) cancellò l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola per la prima volta “una variante naturale del comportamento umano”. Quasi 2000 anni dopo che Svetonio ci rivelasse un epiteto di Giulio Cesare “ma-rito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti”.
Questo per dire come il tema della omosessualità sia stato oggetto di considerazioni diverse a seconda dei periodi storici, e anche nelle differenti culture. E dunque: quando nasce l’omosessualità?

Isabella Tokos