Scoutismo come palestra di vita

Di Teresa Pia Iacuone

Essere scout è una scelta di vita, un’esperienza che ti accompagna nella crescita e ti permette di diventare l’uomo che vuoi essere.

Baden Powell, il fondatore degli scout, conosciuto come BP, afferma: “Il primo scopo dello scoutismo è quello di educare: spingere il ragazzo ad apprendere partendo da se stesso, di sua spontanea volontà, ciò che gli serve per formarsi una propria personalità.”

Questa educazione si esprime in diversi aspetti, presentati sia nella Legge Scout, sia nella strutturazione delle branche: Branco, Reparto e Clan. 

Il Branco, costituito dai Lupetti, bambini e bambine dagli otto ai dodici anni, è la prima tappa del percorso e si caratterizza per esperienze ludiche. Vivere un’avventura, districarsi in una caccia al tesoro, cantare in gruppo, giocare in squadra sono momenti importantissimi perché ricchi di divertimento ma, allo stesso modo, carichi di insegnamenti. Si impara a stare insieme, a condividere, a pensare all’altro come qualcuno da proteggere, a costruire sugli errori e a dare del proprio meglio in ogni circostanza. Baden Powell ancora esorta:  “Vivi la vita come un gioco, ma mai per gioco” e questa frase dà valore non solo al sorriso di un bambino, ma anche alla capacità dell’adulto di divertirsi ed essere sereno nonostante le fatiche.

Il successivo passaggio in Reparto insegna ad avere cura dell’ambiente, a rispettarlo e difenderlo. BP raccomanda: “Cercate di lasciare questo mondo un po’ migliore di come lo avete trovato”. In questa fase, che corrisponde al periodo dell’adolescenza, si impara, in particolare, ad accettare le sfide avviandosi ad un livello di autonomia sempre più consapevole, scoprendo contemporaneamente  la forza del gruppo. L’organizzazione del Reparto mette in un piano di secondo ordine il ruolo dell’adulto che pur presente non si sostituisce al ragazzo, ma  lo invita a progettare esperienze  e cercare soluzioni nelle situazioni difficili.  Il momento più caratterizzante è il campo estivo: ogni ragazzo impara a vivere lontano dalla comoda quotidianità costruendo con i suoi compagni una casa da condividere per quindici giorni, sperimentando sia nella cucina, sia nell’organizzazione di ogni attività della giornata l’essenzialità. Importante, inoltre, il valore dato alla natura: accendere un fuoco, guardare le stelle, sentire il canto degli uccelli appena svegli o il ruscello che scorre durante la notte… è così che le Guide e gli Esploratori colgono la bellezza di ciò che li circonda. 

Infine, a partire dai sedici anni,  il Clan. Anni importanti perché in questo periodo di vita Rover e Scolte devono confrontarsi con decisioni rilevanti per la vita personale e sociale concentrandosi su tre punti fondamentali: scelta politica, di servizio, di fede. Essere impegnati politicamente, infatti, significa diventare cittadini responsabili, capaci di prendere posizione rispetto alla propria realtà e al territorio. La scelta di servizio implica, invece, la capacità dell’individuo di superare barriere e conflitti per raggiungere l’altro aiutandolo nelle difficoltà. Infine, scelta di fede, presente nello stile dell’AGESCI (Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani), significa essere aperti alla relazione con Dio diventando testimoni del Vangelo. In questo periodo ogni ragazzo e ragazza si impegnano a svolgere un servizio per la comunità sociale che viene concordato con i capi e verificato con la Comunità di Clan. Fondamentale l’esperienza della Route: un campo mobile della durata di molti giorni che prevede il cammino, il pernottamento in luoghi ogni volta diversi in compagnia di uno zaino essenziale e quindi leggero.

Al termine dell’esperienza nel Clan, il giovane vive un momento importantissimo: la partenza, così definita perché quello che sembra un traguardo raggiunto è invece postazione di avvio per la corsa della vita. Durante questa cerimonia il partente, accompagnato dalla comunità, conferma la sua capacità di proseguire da solo nella vita ispirandosi ai valori vissuti nel gruppo Scout. 

Alcuni decidono, in questa occasione, di non “prendere la partenza” perché dopo un periodo di confronto e consapevolezza ritengono di non poter aderire a tutti i principi proposti: il gruppo rispetta e difende anche in questa occasione, quindi, la libertà totale dell’individuo.

I partenti possono, inoltre, decidere di offrire il loro servizio come capi, organizzando le attività del gruppo e diventando esempio per i ragazzi a loro affidati.

Essere scout è quindi una palestra di vita che allena al principio del dovere verso gli altri, verso se stessi e, per chi ha fede, verso Dio.