Un anno in un altro paese a 16 anni?

Vivere un anno in un altro paese, in una nuova famiglia e con nuove abitudini per un diversa mentalità, a sedici anni; qualsiasi ragazzo ne ha la possibilità, tutto ciò che occorre è coraggio e determinazione.

Cosmopolitismo

Qualcuno 2400 anni fa chiese a Diogene, un filosofo greco, a quale πόλις appartenessero le sue origini ed egli rispose che, in quanto partecipe dell’umanità, era cittadino del mondo, un cosmopolita. Appurato ora che il sentimento di appartenenza alla propria nazione non vada biasimato fintanto che limitato dalla ragione, non dovremmo forse noi tutti cercare di abbattere quelle mura che, nella maggior parte dei casi, non fanno altro che allontanarci da grandi opportunità? Questo è l’obiettivo principale di chi sceglie di partire a sedici/diciassette anni.

Chi parte? E perché?

Sono normalissimi adolescenti, che piangono, che gioiscono e che si innamorano, che si approcciano per la prima volta al mondo “dei vecchi”, desiderosi di abbandonare il mondo dell’innocenza . Forse sono solo più ambiziosi degli altri? Sì, e probabilmente in loro vi è il puro desiderio di conoscere e scoprire terre e usanze lontane; lo stesso che portò i vichinghi dai fitti boschi del Canada, agli immersivi mercati di spezie di Baghdad o che spinse Colombo a scoprire l’America.

Ma ora, allontanandoci dalla storia, con la quale si può sempre scorgere un saldo legame, è bene ritornare ai giorni nostri, anch’essi assai generosi di novità. Due sono le motivazioni che spingono un ragazzo ad approcciarsi ad un’esperienza del genere:

Mettere in gioco sé stesso
Nella maggior parte dei casi, i ragazzi hanno timore di ciò che la vita si aspetti che loro facciano o pensino, e ciò li induce a denigrare le proprie capacità, avendo una consapevolezza sbagliata e inefficace dei propri limiti e non credendo abbastanza dei propri punti di forza. Eppure abbattendo tali mostri, ridicoli agli occhi degli audaci, il futuro non sarebbe altro che una costellazione di opportunità.

I benefici economico-sociali
Per essere più pragmatici, l’esperienza non solo porta con sé estremo divertimento, difficoltà da affrontare con il proprio sudore e dolci ricordi, ma anche numerosissime opportunità lavorative e sociali. Un ipotetico futuro datore di lavoro apprezzerà di sicuro!

Struttura dell’esperienza

Dopo aver firmato una serie interminabile di documenti, dopo aver scritto numerose lettere di presentazione, e dopo un paio di colloqui orali con dei volontari (nella maggior parte dei casi di poco più grandi di te d’età) che procederanno ad una valutazione psico-attitudinale del ragazzo ,il tuo fascicolo, se giudicato idoneo, partirà per il paese ospitante, nell’attesa che una famiglia lo sfogli e ti scelga come “figlio adottivo” per un anno. A grandi linee tale è la procedura di selezione, che un ragazzo ambizioso riuscirà a passare tranquillamente.

Considerazioni finali
“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi” Marcel Proust. Per concludere è importante ribadire l’importanza di tale esperienza, per gli innumerevoli benefici che essa porta con sé, tra i quali l’acquisizione di un nuovo punto di vista e una mentalità più efficace, e una più ampia prospettiva lavorativa e sociale, e per non rimpiangere un giorno, di non aver osato.

Di Francesco Colonna