Il tempo non ha età. Siamo noi che ce ne andiamo

La scoperta della natura e dei principi che la regolano in tutte le sue forme è stata, fin da secoli prima della nascita del pensiero razionale stesso, uno degli obiettivi primari dell’essere umano. Al principio della storia, nonostante la comprensione delle leggi che regolano il mondo fosse un’ambizione troppo grande per i primi uomini, essi osservavano già i fenomeni naturali e inventavano divinità e miti atti a spiegare ciò che non poteva essere ancora spiegato.

La paura dell’ignoto portò l’uomo a generare esseri trascendentali, che rispecchiassero e rappresentassero ciò che vedevano concretamente, e ad assumere un atteggiamento reverenziale nei confronti di questi. Tuttavia, col passare dei secoli, con la fine dell’età della pietra e con lo stabilizzarsi della condizione umana dovuto alla nascita di comunità unite per la sopravvivenza, l’uomo ha cominciato a comprendere le leggi che regolano tutto ciò che esiste e, come accade sempre per ciò che si comprende, ha smesso, a poco a poco, di provare timore.

Gli antichi dei della natura sono stati sostituiti da nuove divinità che rappresentassero concetti come la Verità e la Giustizia; la convinzione di non poter domare la natura è stata smentita con la costruzione di città e di opere che neanche la furia dei venti e della terra ha potuto distruggere per migliaia di anni; sono stati creati antidoti per i veleni, soluzioni per le calamità naturali e vie di comunicazione che rendessero possibile il trasporto di merci di ogni tipo da un capo all’altro della Terra.

Nel corso dei secoli le leggi della natura e gli organismi che la abitano hanno più volte messo a rischio il progredire della razza umana: molte volte l’uomo ha creduto che tutto stesse per finire, che il genere umano non fosse in grado di resistere abbastanza a lungo  per vedere la luce alla fine del tunnel delle calamità.

È proprio sul concetto di tempo che è necessario soffermarsi per comprendere a pieno la gravità del problema ambientale. Ma che cos ‘è in effetti il tempo? Non è materia, non è corpo, non ha peso e non ha misura. Scorre indipendentemente dalle leggi della natura e da quelle dell’uomo, avanza inesorabile, non ha età ma fa si che l’essere stesso ne abbia una. Il tempo è l’origine di tutto, il tempo risana e il tempo distrugge e, non avendo corpo né massa, non obbedisce ad altre leggi che non siano le sue.

Nel corso della sua storia, l’uomo ha dovuto affrontare ogni genere di avversità ed ha superato ognuna di esse poiché ha avuto tempo a sufficienza per elaborare una soluzione o poiché è sopravvissuto abbastanza a lungo per vedere finire ciò che metteva a rischio la sua vita. Le grandi epidemie della storia, prima dell’invenzione dei vaccini, sono finite poiché l’uomo è sopravvissuto tanto da immunizzarsi; le città distrutte sono state ricostruite nel corso di anni; laddove una comunità rischiava l’estinzione la vita è rinata con la nascita di nuovi uomini nel corso del tempo.

Al di là dell’etica, che (per quanto costi ammetterlo) può non essere condivisibile, che dovrebbe portare a tutelare le forme di vita più deboli e ogni tipo di ecosistema, il problema oggettivo della questione ambientale è il concreto rischio di un peggioramento drastico della condizione umana  che porti all’estinzione e, soprattutto, la mancanza di tempo per elaborare una soluzione. Ciò significa che, senza un pronto intervento, una volta raggiunto il “punto di non ritorno”, la condizione umana peggiorerà tanto rapidamente da non lasciare tempo sufficiente per una nuova fioritura della specie.

Se la razza umana cesserà di esistere perché impossibilitata nella vita dalla condizione della Terra, il pianeta avrà solo bisogno di qualche millennio per cancellare le ultime vestigia della civiltà umana, il cui ricordo si perderà nell’oblio. L’universo tutto continuerà ad esistere e a seguire le sue leggi, poiché ogni specie raggiunge il suo periodo di massimo sviluppo per poi andare in contro al declino e all’estinzione senza influenzare lo scorrere degli eventi.

Qual è quindi la differenza tra l’uomo e la scimmia? A quale scopo l’uomo ha raggiunto un progresso tale da reprimere la sua natura animale e costruire una società evoluta che continua ad evolversi senza sosta, se è poi costretto all’estinzione a causa delle sue stesse azioni?

L’essere umano ha cancellato la maggior parte dei meccanismi animali; laddove avrebbe dovuto adattarsi ha adattato la natura alle proprie esigenze; laddove avrebbe dovuto morire a causa delle calamità è sopravvissuto e ha creato mezzi di prevenzione perché queste non si verificassero ancora. Ciò che all’uomo manca è la fine del processo evolutivo che ha intrapreso migliaia di anni fa: l’acquisizione della consapevolezza di far parte di un’unica razza unita, che deve preservare ogni vita, che deve lottare contro le disparità e contro un sistema economico che distrugge il pianeta a vantaggio di una piccola parte della popolazione, che deve provvedere a tutti i costi ad un cambiamento radicale di tale sistema per la sopravvivenza della razza umana.

Per raggiungere tale società etica e civile, composta da uomini illuminati, occorre molto tempo, per capire che gli uomini ne hanno poco non occorre uno studio approfondito. È quindi il destino dell’uomo quello di essere cancellato dalle sue azioni e dallo scorrere del tempo? Per evitarlo bisogna agire immediatamente, tutelare ogni forma di vita e il pianeta tutto. Se non per ragioni etiche, se non per preservare la bellezza della natura, unicamente per salvare gli uomini dall’oblio.

Il tempo sta scadendo. Anzi, il tempo non ha età, scorre indipendentemente da tutto, è il nostro tempo quello che sta finendo

Simone Staiano III C