Intervista a Cesare

Caio Giulio Cesare è stato uno dei principali esponenti della politica romana e uno dei più grandi generali della storia. Nato in una famiglia nobile di Roma, iniziò la sua carriera politica percorrendo il cursus honorum fino al consolato tra il 68-59 a.C; nel 60 a.C formò il primo triumvirato con Crasso e Pompeo, che consisteva in un accordo privato affinché tutte le parti avessero una frazione di potere. Andò in Gallia e la conquistò con numerose azioni militari tra il 58 e il 50 a.C. ricavando immense ricchezze e grande prestigio; proprio in questo periodo scrisse il “De bello gallico”. Chiese dunque di diventare nuovamente console ma il senato, su consiglio di Pompeo, gli pose come condizione di sciogliere il suo esercito, ottenendo un ovvio rifiuto da parte del generale. Cesare varcò infatti il Rubicone, tradizionalmente visto come confine invalicabile di Italia, (il generale in quel momento pronunciò la celebre frase “alea iacta est”) provocando lo scoppio di una guerra civile. Le truppe di Cesare affrontarono le legioni mandate dal senato ed ebbero la meglio. Pompeo, che aveva proposto di intimare a Cesare di sciogliere il suo esercito, intimorito dalle vittorie dell’avversario, decise di scappare; il suo avversario invece, una volta placati i disordini a Roma, dopo  essersi fatto proclamare proconsole, decise di partire per la Spagna per sconfiggere tutti gli alleati di Pompeo. In seguito, nel 48 a.C, i due si affrontarono in una guerra che sarebbe terminata il 9 agosto dello stesso anno con la battaglia di Farsalo, che vide come vincitore Cesare. Pompeo scelse poi la via della fuga verso l’Egitto, ma fu ucciso dal re Tolomeo che intendeva  ingraziarsi l’ex triumviro. Con la sconfitta di tutti i pompeiani nella battaglia di Munda, la guerra civile si concluse nel 45 a.C, quando Cesare fu proclamato ufficialmente vincitore. Dopo esser stato nominato dictator con carica decennale nel 47 a.C, il generale aveva incentrato su di sé tutti i poteri e aveva avviato programmi di riforme favorevoli a lui ed ai suoi soldati. Gli avvenimenti precedentemente descritti, sono stati raccontati nel “De bello civili”, opera iniziata tra il 47 e il 46 a.C. e mai terminata, poiché nel 44 a.C Cesare venne ucciso con ventitré coltellate in una congiura organizzata dai repubblicani.
Nei suoi scritti, l’autore usa un lessico ridotto all’essenziale, per rendere chiara l’esposizione, con una sintassi lucida dove prevalgono ablativi assoluti e costrutti participiali. Cesare però non è considerato uno storico, in quanto scrive non per amor del vero, ma a scopo autocelebrativo. Quindi non racconta in modo oggettivo e distaccato, ma al contrario mette in risalto la sua validità come generale e politico e la forza del suo esercito. Mi è stato chiesto di scrivere un’intervista, immaginando di parlare con il grande Cesare. L’incontro è datato al 50 a.C, quindi lo storiografo ha da poco concluso le conquiste in Gallia.

Data: 50 a.C
Magnus Consul, che sei così venerato per le tue conquiste, parlami dei popoli conosciuti, affinché tutti li conoscano.
C: Cesare è stato per otto anni in Gallia con le sue truppe. Affermò già che i barbari erano inferiori per cultura ai gloriosi Romani; infatti con le sue conquiste ebbe l’animo di salvarli dalla loro ignoranza ed ora sono parte della Repubblica Romana e possono abbandonare le loro culture barbare. Cesare ha visto con i propri occhi quanto i barbari potessero essere azzardati quando dovevano combattere. In particolare avevano l’usanza di fermare i viaggiatori e di interrogarli su cosa stessero facendo e da dove venissero; gli stessi rispondevano con testimonianze false, a cui loro credevano, affinché fossero lasciati andare. Inoltre cambiavano spesso decisione, e per questo Cesare ebbe abbastanza astuzia da non stimarli come alleati.
Quindi nessuno eguagliava la vis romana?
C: Cesare può confermare, con la sua oggettiva opinione, che nessun popolo poteva fronteggiare quello Romano. Tuttavia i Germani, essendo i più lontani dalla civiltà poiché si trovavano al di là del Reno, erano particolarmente virili, combattevano in continuazione, non si tiravano mai indietro e avevano grande rispetto per le antiche usanze. D’altra parte con la vicinanza delle province che offrivano grandi vantaggi, i Galli si erano abituati gradualmente ad essere sorpassati e vinti in molte battaglie, tanto che nemmeno loro stessi si confrontavano con i Germani per il valore, consapevoli della loro debolezza d’animo.
Non a caso l’abile generale Romano amministrava il suo esercito con forte disciplina e con grande organizzazione, affinché i soldati si abituassero all’assenza di ricchezze e non si adagiassero nellusso.
Quali divinità le popolazioni pagane veneravano?
Onoravano con statue il dio Mercurio e indicavano questo come inventore di tutte le arti, la guida delle strade e dei viaggi e credevano che avesse grandissimo potere per far guadagni e per il commercio. Dopo di lui adoravano Apollo, Marte, Giove e Minerva: credevano che Apollo scacciasse le malattia; Minerva assegnasse i principi del lavoro nei campi e delle arti; Giove dirigesse il comando del cielo; e che Marte fosse il dio della guerra. Tutte le volte che decidevano di attaccare battaglia, gli offrivano in voto per lo più quel che prendevano in guerra: sacrificavano degli animali catturati e trasportavano i beni restanti in un solo luogo.
Ho un’ultima domanda se me lo permette.
C: Cesare glielo concede
Grazie. Perché parla di se stesso in terza persona?

 

Federica Passaro III C