Un passo significativo del De Bello civili di Cesare

 

In castris Pompei videre licuit trichilas structas, magnum argenti pondus expositum, recentibus caespitibus tabernacula constrata, Lucii etiam Lentuli et nonnullorum tabernacula protecta edera, multaque praeterea, quae nimiam luxuriam et victoriae fiduciam designarent, ut facile existimari posset nihil eos de eventu eius diei timuisse, qui non necessarias conquirerent voluptates. At hi miserrimo ac patientissimo exercitui Caesaris luxuriam obiciebant, cui semper omnia ad necessarium usum defuissent. Pompeius, iam cum intra vallum nostri versarentur, equum nactus, detractis insignibus imperatoris, decumana porta se ex castris eiecit protinusque equo citato Larisam contendit. Neque ibi constitit, sed eadem celeritate, paucos suos ex fuga nactus, nocturno itinere non intermisso, comitatu equitum ad mare pervenit navemque frumentariam conscendit.

Cesare è stato uno delle figure più influenti del panorama politico romano, se non addirittura la più abile nel manovrare le occasioni sfavorevoli che gli si paravano dinnanzi, sia dal punto di vista politico che quello militare.

Nonostante Cesare fosse riuscito a farsi strada nella gerarchia politica romana, spesso grazie alle armi e al proprio esercito, da sempre fedele a lui soprattutto in seguito alle vittorie in Gallia, per i primi anni da politico ha dovuto condividere la più alta carica romana con Crasso e Pompeo, uomo molto influente a Roma. Proprio con quest’ultimo Cesare entrò in guerra per assicurarsi il maggior controllo possibile sulla Repubblica.

Lo svolgimento e l’esito delle battaglie contro Pompeo sono narrati nel “De Bello Civili”, opera simile al “De Bello Gallico” soprattutto dal punto di vista linguistico e stilistico.

Cesare è uno storiografo che illustra tutte le sue opere adoperando un tono sprezzante e orgoglioso, così per i Germani e i popoli barbari così per l’esercito pompeiano.

In questo passo in particolare vengono trattati due argomenti chiave ai fini dell’esaltazione dei valori dell’esercito di Cesare e della virtù per la quale si distingue, essi difatti riguardano gli accampamenti pompeiani e la fuga di Pompeo.

Il passo si apre con una descrizione di ogni singola parte dell’accampamento dell’esercito pompeiano, la quale ritrae quest’ultimo come un luogo di lusso, ed è proprio attraverso questa che Cesare riesce ad affermare uno dei concetti alla base della sua morale ed etica, la virtù, difatti bisogna ricordare che, prima di essere un uomo politico, egli è stato un generale dedito alla guerra e alle campagne militari che gli si affidavano. Cesare ribadisce quindi quanto il lusso e il benessere possano distogliere le persone dal vero obiettivo, spesso quello bellico. Quest’esposizione è curata nel minimo dettaglio poiché Cesare sfrutta le debolezze e le viltà del nemico per gratificare la propria persona ed il proprio esercito, al quale accosta i superlativi “poverissimo” e “tenacissimo”. Cesare trae costantemente vantaggio da una situazione sfavorevole, inoltre l’accostamento di questi due aggettivi rende al massimo l’idea di quanto l’esercito cesariano fosse ricco di virtù e coraggio e di quanto non si curasse delle ricchezze poiché disposto a vincerle in battaglia con il proprio generale.

È da lodare anche la consapevolezza e la piena fiducia che Cesare nutre per i propri soldati attraverso l’avvertimento e la derisione dell’esercito pompeiano convinto e sicuro della propria vittoria sul nemico. Una volta sferrato l’attacco, si ha il risvolto più importante, ovvero la presa di potere dell’esercito e la fuga di Pompeo, il quale, lungo il suo cammino verso Larissa, si imbatte in alcuni dei suoi, fuggiti anche loro. Tutto ciò che riguarda la fuga di questo generale è probabilmente un’unica grande iperbole di ciò che Pompeo ed il suo esercito avevano effettivamente realizzato, si parla infatti di una fuga meschina e vergognosa poiché egli prende il primo cavallo che vede e si spoglia delle insegne romane. Non c’è nulla di più sprezzante ed umiliante che abbandonare la propria carica e il proprio esercito ai colpi furiosi del nemico, rinnegando la patria e i valori su cui essa si fonda: Pompeo è un codardo e il suo esercito non consiste in altro che in soldati gonfiati dalle ricchezze, dai lussi e dal proprio ego. Questa non è soltanto la conquista del potere romano, è anche l’umiliazione del rivale per elevare la propria figura, ma è soprattutto la vittoria di un ideale sull’altro.

È sorprendente e degno di nota come Cesare sia riuscito ad illustrare un contesto così delicato e dettagliato attraverso la scelta di una categoria ristretta di vocaboli. infatti, nonostante i limiti imposti dalle scelte lessicali, adotta uno stile ben lineare, esplicito e soprattutto chiaro, cosicché anche un’opera che nasce come un resoconto bellico sulla guerra civile possa essere apprezzata  come un’opera letteraria.

Attraverso i periodi concisi del passo, si evince come Cesare ottenga finalmente il potere a Roma senza che nessun ulteriore avversario possa nuovamente intralciare il suo cammino e la sua scalata politica. Cesare manda definitivamente un messaggio forte e autoritario sotto forma di avvertimento: egli è il più forte, nessuno può contrastarlo e qualora qualche contendente sprovveduto dovesse attentare alla sua figura per ottenere un completo e definitivo ribaltamento della sua posizione, perirebbe sotto i colpi tenaci e decisi sferrati dalle spade dei suoi fidati soldati.

Benito Sarnelli III C